I guai cominciarono 16 settembre di un anno fa quando il suo camion, con il quale lavorava da “padroncino” per la ditta Amadori, venne trovato in fiamme all’ingresso dello stabilimento di Mosciano. Era il mezzo del 51enne di Giulianova che, l’altra notte, costretto a vivere in un’auto, ha tentato il suicidio e, salvato dai carabinieri e dal personale sanitario, è stato ricoverato in psichiatria. «Fui accusato non di aver dato alle fiamme il mio mezzo, che sarebbe stata follia perché ci lavoravo, ma di aver lasciato le chiavi nel cruscotto. Qualcuno che ce l’aveva con me riuscì a portare il camion fuori dal recinto e gli dette fuoco. Non sono accusato di altro. Poi senza camion non sono riuscito più lavorare e neanche in Germania mi è andata bene. Ho perso anche la moglie ed i figli. Sono stato anche cacciato da casa e mi assumo qualche responsabilità ma nessuno è stato mai e comprensivo con me».
La notte precedente il tentativo di suicidio, l’ex operaio, mentre dormiva in auto, venne raggiunto da due amici, i quali, al grido «nessun giuliese verrà mai lasciato solo» lo fecero mangiare e gli offrirono un tetto per dormire. Lui ringraziò ma rimase nell’auto e ieri notte ha preso i barbiturici «per farla finita, perché senza lavoro e senza famiglia non ha più senso vivere», come ha dichiarato per telefono, aggiungendo che «quando mi faranno uscire da qui dove sto ricoverato? Non sono matto ma solo disperato. Lo farò ancora». Qualche giorno prima, sulla sua pagina facebook, aveva raccontato la sua vicenda particolare ed aveva lanciato delle accuse anche pesanti lasciando intravvedere che forse sarebbe stato il caso di farla finita.
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