Lo sport abruzzese piange Fabio Taborre.
In una intervista, dopo la squalifica che gli segnò la vita sportiva e non solo, Taborre parlò di storia incredibile e di sabotaggio. «Come mai i miei valori, dopo un controllo, non si siano sostanzialmente modificati, come mai l'ematocrito non è salito, l'emoglobina è rimasta identica ?». «Nulla di ciò che mi è accaduto ha una logica», dichiarò perplesso. Un sabotaggio che Fabio Taborre non ha mai potuto dimostrare. Il ciclista non credeva fosse «il modo per combattere il doping. Ero al minimo di ingaggio, guadagnavo 30 mila euro l'anno. La mia vita è rovinata, la carriera è andata». Le sue parole all'epoca dei fatti. Oggi mondo delle due ruote lo piange e lo ricorda per la promessa che fu e per il ragazzo che era, ancora con tutta la vita davanti per mettersi alle spalle un passato turbolento.
Dopo la squalifica, per Taborre anche la punizione della sua squadra, la Androni, che pretese il pagamento di una multa di ben 100mila euro per aver violato il regolamento interno in fatto di doping. Dopo aver iniziato da promessa del ciclismo nazionale, il pescarese non è riuscito ad imporsi. Poi è arrivata la battaglia con la malattia, che ieri purtroppo ha avuto la meglio sul giovane atleta.