Il contratto lo ha firmato agli inizi di settembre su una scrivania all'aperto, perché a scuola non l'hanno fatta entrare senza green pass.
«E' una questione di principio - dice- una discriminazione per chi non è vaccinato, quando il vaccino non è obbligatorio». Il tampone naso-faringeo lo ritiene fastidioso, oltre che costoso, e potrebbe ripensarci se i controlli si facessero con i test salivari. Per il momento, però, la lezione la farà in strada con una protesta: uno sciopero della fame che porterà avanti da oggi e per questi cinque giorni che molto probabilmente la separano dalla formale sospensione dall'insegnamento, come prevede la normativa. Dalle 8,30 alle 13,30 la signora Silvani presidierà quindi i cancelli della scuola di Collarmele, cercando di far capire il suo punto di vista e la sua contrarietà all'obbligo del green pass per gli insegnanti.
Una protesta anticipata con una lettera inviata ieri al ministro dell'Istruzione, Bianchi e nella quale denuncia il valore «non necessario e discriminatorio del green pass». «Non necessario perché non c'è nessun bisogno di imporlo ad una categoria, come gli insegnanti, che ha raggiunto il traguardo del 92% di vaccinati e quindi ha superato l'obiettivo della immunità di gregge- scrive la donna-. Discriminatorio perché l'obbligo del tampone imposto agli insegnanti ogni 48 ore, non solo è fortemente invasivo e insostenibile sia sul piano sanitario che economico, ma rappresenta una discriminazione rispetto ad altre categorie come, ad esempio, i parlamentari e i lavoratori del Parlamento che possono entrare senza nessun obbligo di green pass». «Io non nego l'esistenza del Covid- aggiunge a voce la donna- ma la ritengo una malattia come le altre di cui io non ho paura. Non mi fido di questo vaccino e ritengo che il tampone debba essere fatto anche ai vaccinati. Mi dispiace, perché dopo tanti anni di attesa e due concorsi, finalmente quest'anno sono entrata di ruolo». Contratto firmato e presto destinato a essere sospeso.