Zagaria, il boss dagli "appetiti" del terremoto dell'Aquila al carcere

Martedì 4 Settembre 2018 di Marcello Ianni
Nella foto il boss Michele Zagaria ora rinchiuso carcere dell'Aquila.
Dalla sua terra natia, Casapesenna (Caserta) era riuscito per il tramite anche di imprenditori aquilani a mettere le mani sulla ricostruzione privata dell’Aquila, città a lui molto cara anche per il tartufo di cui era assai goloso, a tal punto da non nascondere il desiderio di chiedere aiuto ad un uomo di fiducia in città (Alfonso Di Tella) per reperirlo. Ora la città così tanto “appetibile” nell’ambito della ghiotta ricostruzione post terremoto, la potrà mirare un po’ più da vicino. Il boss dei Casalesi, Michele Zagaria (soprannominato “capastorta”, per problemi legati alla cervicale) mente criminale indiscussa di Gomorra fino alla sua cattura, è di recente il nuovo ospite del supercarcere dell’Aquila (che ospita oltre 100 soggetti mafiosi anche di grosso spessore). Tra film sulla Camorra e molte fiction a lui ispirate, Zagaria va ad occupare quegli stessi spazi che sono stati occupati dall’altro suo amico e storico boss, Antonio Iovine (soprannominato O’ Ninno, in dialetto napoletano il bambino, perché ha raggiunto i vertici della Camorra quando era ancora ragazzino) diventato collaboratore di giustizia proprio mentre era detenuto all’Aquila in regime di 41bis. Racconti quelli di Iovine che potrebbero minare non poco i segreti del suo ex socio in affari. Il legame del boss della Camorra campana, con l’Aquila è stato portato a galla dalla Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila (pm David Mancini) nell’ambito della ricostruzione post sisma. Nei rapporti di cointeressenze tra lui e Raffaele Cilindro (imprenditore, autista di Pasquale Zagaria) e quest’ultimo con Alfonso Di Tella, entrambi di Casapesenna, quest’ultimo uno dei 7 arrestati nell’operazione “Dirty Job” sulle infiltrazioni dei Casalesi nella spartizione della torta dei subappalti all’Aquila. Rapporti che risalgono agli anni antecedenti al sisma e che sono proseguiti intensamente negli anni successivi. Cilindro e Di Tella si sono incontrati all’Aquila dove sarebbero avvenuti consistenti passaggi di denaro frutto delle estorsioni ai danni degli operai. Secondo la Dda dell’Aquila, tramite i Di Tella «il clan dei casalesi si è presentato al territorio come un soggetto in grado di garantire concrete e rapide opportunità di lavoro», tutto ciò grazie alla “consapevolezza” degli imprenditori aquilani che «scientemente hanno collaborato con i Di Tella per abbattere così i costi per mezzo delle condotte estorsive poste in essere verso gli operai sfruttati». 
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