Colpito da un fulmine, poi il coma. Simone Toni: «Ho rischiato di morire, ma torno sul Gran Sasso»

Il 28enne di Tivoli: «Non ricordo nulla, salvo grazie ai medici e ai miei amici. Una signora non si è fermata»

Giovedì 22 Settembre 2022 di Marcello Ianni
Colpito da un fulmine, poi il coma. Lorenzo Toni: «Ho rischiato di morire, ma torno sul Gran Sasso»

«Il fulmine ha bruciato la catenina che indossavo, non il crocifisso che rimetterò. È un regalo della mia compagna a cui tengo molto, tornerò sul Gran Sasso». Al telefono con Il Messaggero, Simone Toni, 28 anni, di Tivoli, accetta di raccontare la tremenda esperienza vissuta il 27 agosto scorso sul Gran Sasso: ha rischiato la vita dopo essere stato colpito da un fulmine. Uscito tre giorni fa dall'ospedale dell'Aquila, Simoneha cominciato l'iter fisioterapico aiutato da un'infermiera a casa.
Quali sono i ricordi di quella giornata?
«L'unica cosa che ricordo è che il venerdì, tornato a casa dal lavoro, ho rimesso a posto la lavatrice. Non ricordo nient'altro».
E in ospedale invece?
«Ero in coma, praticamente non respiravo più, mi sono svegliato, vedevo una luce offuscata, tutto appannato e sentivo il dottore che diceva sta morendo, bisogna sbrigarsi. Ho sentito che mi hanno messo due tubi nei polmoni per i drenaggi, poi ho ripreso a respirare, da quel momento non ricordo più nulla. I medici avevano detto ai miei genitori che non avrei superato la notte».
Quello è stato il giorno dell'escursione con i suoi amici (Manuel Annese di 30 anni, collega di lavoro di Simone in un istituto di Vermicino che svolge servizio di vigilanza per conto della Banca d'Italia e Christian Damiani di 24, entrambi di Roma).

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«Ricordo solo l'arrivo al parcheggio di Campo Imperatore. Era la prima volta che venivo sul Gran Sasso. Voglio tornarci, non permetterò che un incidente del genere possa fermarmi, se ci si ferma non si vive più».
A cosa attribuisce la sua salvezza?
«Sono credente, però penso che sono stato aiutato dal mio corpo. Sono sopravvissuto a due arresti cardiaci, ad un collasso polmonare, sono stato in coma 4 giorni».
E poi c'è stato l'aiuto, decisivo, dei suoi amici. Le hanno raccontato cosa hanno fatto?
«Mi hanno spiegato quello che è successo. Il primo salvataggio è stato da parte loro che mi hanno rianimato. I miei amici mi hanno detto che avevo la faccia dentro l'acqua, sarei morto annegato. Si sono trascinati per terra, il fulmine li aveva presi alle gambe. Uno di loro ha tentato di sollevarmi rischiando di finire nel burrone».
C'è stata anche una ulteriore brutta parentesi in quei momenti drammatici.
«Sì, una signora mentre eravamo a terra ci ha scavalcato.

Noi chiedevamo aiuto e lei ci ha risposto che vi posso fare?. Un'altra ci ha lasciato solo un ombrello perché grandinava».

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Come è stato assistito in ospedale?
«Benissimo, ho avuto al mio fianco dottori preparati. Io e la mia famiglia li ringraziamo enormemente, così i miei due amici Manuel e Christian a cui devo molto».
Che idea si è fatta di ciò che è accaduto?
«Non volevo crederci. Aprire gli occhi dentro un ospedale mi è sembrato strano, non capivo perché non ricordavo, avevo il respiratore attaccato, prendevo medicinali, sono rimasto allucinato. Mi chiedevo, com'è possibile? Perché a me?. Poi ho pensato che magari anticipando o ritardando il passaggio in quel punto esatto le cose sarebbero cambiate. Alla fine, la catenina prima, i miei amici poi e le cure dei medici hanno fatto tornare il sereno nella mia vita e in quella della mia famiglia che non mi ha mai fatto sentire solo».
 

Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 11:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA