La mamma di Teramo di una studentessa 15enne affetta dalla sindrome di Down che per anni si è battuta per far avere l’insegnante di sostegno qualificata a sua figlia, dopo l’ultima decisione del Governo di chiudere piscine e palestre per tentare così di combattere la diffusione del Covid-19 è tornata a far sentire la sua voce. Su Facebook ha firmato e condiviso una petizione lanciata con change.org dal “Movimento salva palestre le palestre non si toccano!” diretta al presidente Giuseppe Conte, al ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, e al ministro della Salute, Roberto Speranza, questo perché, come lei stessa ha spiegato: «Le piscine e le palestre per noi famiglie con figli disabili sono aria».
«Io non ho paura neanche di portarla a scuola mia figlia», dice. La sua grande paura, adesso, è che chiusa in casa possa, invece, isolarsi e regredire dopo i tanti sforzi e gli anni di piscina che le sono serviti per «sentirsi normale e libera». Proprio così. Claudia, questo il nome della mamma, e suo marito lavorano entrambi e uscendo di casa, ovviamente con le mascherine e tutti gli accorgimenti necessari, ugualmente espongono la figlia all’ipotetico rischio contagio. «In palestra e in piscina i nostri figli stanno distanziati e sicuri, così come a scuola - prosegue Claudia - Piuttosto è su gli autobus che si creano gli assembramenti».
Ieri, sua figlia, come tutti i suoi compagni di classe, ha seguito la prima lezione a distanza. Quattro ore chiusa in casa, da sola, ad ascoltare gli insegnanti davanti ad un computer. «Questa non è scuola». E infatti Claudia ha già fatto richiesta di didattica in presenza per sua figlia, ma non sarà facile perché nonostante per i ragazzi disabili sia prevista, «purtroppo i genitori degli altri ragazzi non vogliono mandarli a scuola per paura del coronavirus». E così potrebbe accadere di tornare indietro nel tempo, quando le classi erano separate e i disabili stavano con i disabili. «Per le famiglie come la nostra è tutto amplificato. Noi non ci possiamo permettere di tenere a casa nostra figlia perché le fa male. Per lei, che tende ad ingrassare, la piscina è da sempre un’attività importante. Quando entra in acqua si sente libera e normale». I suoi genitori hanno lasciato che frequentasse la piscina di Roseto da quando aveva 6 mesi. Oggi, a 15 anni, quello è il suo ambiente naturale e le manca. «La realtà – sottolinea Claudia – è che non esiste alcuna attenzione per i ragazzi disabili».
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