Coronavirus, genitori contagiati: la nuova emergenza dei bambini soli

Domenica 3 Maggio 2020 di Rosalba Emiliozzi
Coronavirus, genitori contagiati: la nuova emergenza dei bambini soli

In coda, per richiedere i buoni spesa, ci sono tante storie di sofferenza che neanche le mascherine, imposte dal coronavirus,  riescono a coprire. Gli occhi delle persone in fila è come se parlassero e quando raccontano la loro sventura si capisce che nella sacca della marginalità ci sono tutti: uomini, donne, bambini rimasti soli, anziani, famiglie spezzate, immigrati e disabili.

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È il vicino di casa che non ti aspetti. I nuovi poveri fanno piccole professioni - come colf, badanti e assistenti domiciliari, spesso in nero - che sono state improvvisamente tagliate fuori, anche perché per due mesi, senza contratto di lavoro, non si sono potute muovere da casa. In fila anche molte mamme sole, con due o tre bambini cui badare e senza una rete familiare cui appoggiarsi. Donne con bassa scolarizzazione, quasi alienate a casa con i bambini, rimasti senza scuola perché non hanno una connessione internet e un iPad dove studiare. Poi ci sono i lavoratori a chiamata e quelli con i contratti a termine in scadenza, una grossa fetta del mercato del lavoro rimasta senza nulla in mano. I braccianti agricoli o quelli che si alzano presto al mattino per trovare due ore di lavoro precario al mercato. Gli ambulanti, i piccoli commercianti e gli artigiani ridotti alla fame dalla chiusura improvvisa della loro attività che era anche la loro unica fonte di reddito.

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A questo nuovo esercito di esclusi, si aggiungono i disabili, quasi "reclusi in casa", visto che centri specializzati e scuole sono tutti chiusi, i malati oncologici, gli anziani soli e con pensioni bassissime, i pazienti psichiatrici che con la pandemia vedono amplificate le loro paure. Poi le donne maltrattate costrette a vivere sotto lo stesso tetto di chi le umilia e vessa. I senzatetto, rimasti ancora di più senza punti di riferimento.

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Dietro una domanda di un "buono spesa" per Covid-19 c’è questo fiume di sofferenza, spesso silente, dignitoso, a volte urlato, drammatico. E anche di più. Non è infrequente per i servizi sociali dei Comuni, tenuti a valutare le domande, trovarsi di fronte a situazioni di bambini rimasti soli perché entrambi i genitori sono stati contagiati dal coronavirus. Piccole vittime anche loro di questa pandemia che non trova fine.

Il ruolo dell’assistente sociale, in questo particolare momento storico, è ancora più essenziale. Ed è per questo che Francesca D'Atri (nella foto), presidente dell’Ordine della Regione Abruzzo. mette in chiaro due punti imprescindibili: l’assistente sociale non può diventare un burocrate e, per far fronte al crescere delle marginalità, è necessario aumentare il numero di assunti oltre il rapporto di uno ogni 5.000 abitanti, come stabilito ora dalla legge, «per garantire un'adeguata risposta ad una platea di persone fragili sempre più ampia» dice.

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«Se è vero che i servizi sociali sono il fulcro del sistema dei servizi alla persona e gli assistenti sociali sono e saranno con le loro competenze e le loro professionalità, nel cuore del Paese, anche in questo momento di grave emergenza, perché nessuno deve essere lasciato indietro, occorre considerare che la stessa gestione dei “buoni spesa” ha mostrato quanto numerosi e farraginosi siano gli adempimenti burocratici affidati agli assistenti sociali chiamati a svolgere le istruttorie, senza che le istituzioni abbiano tenuto in debita considerazione l’impegno già profuso per il lavoro “ordinario” a tutela delle persone più fragili» dice Francesca D’Atri, presidente dell’Ordine degli assistenti sociali d’Abruzzo.

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Anche i servizi sociali, come tante altre professioni, oggi lavorano da remoto: significa parlare con chi è in difficoltà soprattutto al telefono. «Per usufruire delle misure messe a disposizione e per accogliere le richieste, dobbiamo effettuare valutazioni sociali per lo più tramite interviste telefoniche per comprendere le particolari situazioni di fragilità - spiega D’Atri - Poi bisogna raccogliere e sistematizzare le informazioni per costituire una documentazione fondamentale per l’assegnazione delle misure, elaborare dati e informazioni. Centrale è anche il ruolo dell'assistente sociale nel costituire un punto di raccordo tra la rete dei servizi (ospedali, servizio sociale territoriale, assistenza domiciliare, servizi specialistici quali ad esempio Serd, Salute mentale, terzo settore e volontariato) per garantire un’adeguata tutela dei diritti delle persone e un’appropriata risposta ai loro bisogni».

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Ecco tutto questo non può essere svolto dal numero di assistenti sociali che operano ora in Abruzz. Basti pensare che in alcune realtà gli assistenti sociali lavorano su diversi comuni per poche ore settimanali.  «Occorre innanzitutto incrementare il numero degli assistenti sociali per garantire un’equità di accesso ai servizi ai cittadini, un’adeguata cura delle situazioni di maggiore vulnerabilità e la massima coesione sociale di fronte alla sfida dell’emergenza - afferma D’Atri - Gli assistenti sociali ora in servizio sono già fortemente impegnati nel sostegno alle situazioni già in carico che richiedono maggiore attenzione, anche in considerazione della complessità che si manifesta nella quotidianità di vita delle persone fragili, aggravata dall’emergenza Covid-19».

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«Il nostro lavoro è basato sulla relazione con le persone - conclude D’Atri – e di certo il nostro non si può ridurre e non si deve ridurre in un semplice lavoro di natura amministrativa, di disbrigo di pratiche burocratiche, senza calarsi, anche con un’intervista telefonica nella storia, nel dramma che può celarsi dietro una semplice richiesta di buoni per la solidarietà alimentare. In questa emergenza sanitaria, siamo al fianco delle persone affette da Covid-19, dei loro familiari, per alleggerire le pene di tante persone, per sostenerli nel dramma, a fianco dell’encomiabile lavoro di tutto il personale sanitario, in prima linea ci siamo anche noi, e operiamo a tutela della dignità di ogni essere umano, dei loro diritti. Ciò può essere implementato con un investimento di risorse umane e finanziarie anche in ambito sanitario con un equo numero di assistenti sociali che possa occuparsi di garantire le dimissioni protette e per affrontare il tema della salute nel suo complesso».

Ultimo aggiornamento: 17:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA