Moraglia commosso: «Così ricordo Cè»

Mercoledì 14 Maggio 2014
La voce si spezza e per un attimo si interrompe. Le lacrime rimangono soffocate, ma l'emozione è forte. È tangibile nelle parole del patriarca Francesco Moraglia quando racconta la sua ultima visita al cardinale Marco Cè, domenica sera, il giorno prima della morte. «Mi sono calato, gli ho dato un bacio e gli ho detto "ci vediamo domani"... ma sapevo che non l'avrei più rivisto».
Dai suoi ricordi emerge il legame forte tra questi due uomini: uno patriarca emerito e l'altro patriarca in carica. Per semplicità, amabilità e per quel modo mite di porsi, Francesco Moraglia sembra quasi l'erede spirituale di Marco Cè, morto lunedì sera a 88 anni. Un filo sottile pare unire questi due religiosi. «Appena sono stato nominato patriarca - ha ricordato Francesco Moraglia ieri al centro pastorale Cardinale Urbani di Zelarino - la prima telefonata l'ho fatta al patriarca Cè. Poi sono andato a trovarlo e gli ho detto: "Sono preoccupato, Venezia è una sede importante" e lui mi ha tranquillizzato: "Anch'io avevo paura, ma i veneziani le vorranno bene, perchè i veneziani vogliono bene al proprio patriarca"». Un amore che Marco Cè ha sempre ricambiato, al punto da aver detto al suo segretario che avrebbe gradito essere tumulato in un luogo dove poteva essere raggiunto dai veneziani. Numerose le visite che Francesco Moraglia ha fatto a Marco Cè dallo scorso 19 marzo, da quando il patriarca emerito era stato ricoverato all'ospedale Civile di Venezia dopo una caduta che gli causò la frattura del femore. «Nelle ultime visite ho trovato un uomo proiettato in Dio, ormai vedeva le cose dall'alto. Dopo l'intervento chirurgico ha avuto alti e bassi, ma tra sabato e domenica la situazione si era aggravata» dice Moraglia che si ricorda anche di ringraziare il primario del Civile.
«Nel fine settimana ero a Roma con i pellegrini - prosegue il patriarca - ma appena tornato sono andato in ospedale. Gli avevo dato l'estrema unzione la domenica delle Palme, quasi a ricordare l'ultimo periodo della vita di Gesù, e di mia iniziativa domenica gli ho dato l'assoluzione e anche l'indulgenza plenaria. Lui, che ormai era assopito, ha aperto un attimo gli occhi e mi ha detto: "Grazie...grazie". Poi assieme abbiamo recitato una preghiera a lui cara: "Gesù, Giuseppe, Maria proteggete il cuore e l'anima mia", ma non è riuscito a concluderla...».
Monsignor Moraglia ricorda anche il modo di porsi di Marco Cè: «Era una persona amabile, semplice, che sapeva togliere la paura interiore al suo interlocutore. A Venezia lascia il grande ricordo della sua umanità, in lui ho sempre visto la vera umanità cristiana. Ma lascia anche il suo modo semplice di incontrare le persone, la sua delicatezza e il suo tratto molto signorile. Oltre ad un esempio sacerdotale alto, proprio lui che preferiva il titolo di patriarca a quello di cardinale». Nessun testamento particolare o lasciti preziosi quelli predisposti da Marco Cè. «Da quando si era ritirato da patriarca - dice Moraglia - viveva di poco...quasi nulla. Quello che aveva lo ha lasciato per metà al suo segretario storico don Valerio, e quello che rimaneva alla casa degli esercizi spirituali di Cavallino. Negli ultimi tempi gli esercizi spirituali erano il suo modo per essere utile». Appena saputo della morte del patriarca emerito, lunedì sera alle 20 e 30, monsignor Moraglia ha subito avvisato il Santo Padre, anche se non ha avuto modo di sentirlo di persona, e anche i cardinali Loris Francesco Capovilla e Angelo Scola. «Tutti e due sono rimasti particolarmente colpiti e ora ci stiamo preparando per accogliere tutti il giorno del funerale».
Marco Cè non ha lasciato detto nulla di particolare sulla sua tumulazione anche se il vescovo viene sempre sepolto nella cattedrale. «Ha affidato a noi la sua tumulazione - conclude Moraglia - amava molto il cimitero veneziano. Avrebbe gradito essere tumulato in un luogo dove può essere raggiunto dalla gente veneziana». Quegli stessi veneziani che hanno sempre dimostrato un amore profondo per lui e la sua umiltà.
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