Protesta antiprofughi, Teresa: «Ecco
perchè siamo esasperati»

Venerdì 17 Luglio 2015 di Mauro Favaro
Protesta antiprofughi, Teresa: «Ecco perchè siamo esasperati»
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QUINTO - Teresa Cafagno ha 31 anni, un marito, due lauree in Scienze della formazione, e 2 figli: uno di 3 mesi, l’altro di 2 anni e mezzo. Di origini pugliesi, è arrivata a Quinto nel 2012. E ha messo su famiglia accendendo un mutuo di 30 anni per comprare un appartamento. Da mercoledì nel "suo" condominio sono stati sistemati 101 profughi.

Teresa, di cosa avete paura?

«Prima di tutto c'è il problema della sicurezza.

Fino a pochi giorni fa i nostri figli giocavano assieme in cortile. Adesso non è più possibile».

C'è un mutuo di trent'anni?

«Sì abbiamo iniziato a pagarlo da 2 anni e mezzo. Una rata da 650 euro al mese. Mio marito lavora. Mentre io andavo avanti con contratti a progetto e sono stata lasciata a casa dal centro di formazione quando hanno saputo che ero incinta. Adesso la nostra casa non vale più e paghiamo 650 euro al mese per vivere in un campo profughi».

Vi accusano di essere razzisti.

«Non è vero. E vogliamo che sia sottolineato per bene. Non siamo contro i profughi. Sappiamo che loro hanno bisogno di una mano. Non ce l'abbiamo con loro, ma con le istituzioni che si comportano in modo vergognoso. Ci sono caserme disponibili. Perché non utilizzano quelle per accogliere gli immigrati? Noi non possiamo pagare migliaia e migliaia di euro per vivere in un contesto del genere. Hanno deciso di trasformare le nostre palazzine in un centro di accoglienza? Allora il prefetto si prenda anche le nostre case, ci estingua il mutuo e noi andiamo altrove».

Ieri notte è successo di tutto. Ha dormito fuori con i piccoli?

«Si. Poi ho sentito tanti rumori e delle urla e sono rientrata a casa con loro. Io sul blocco del cibo non sono d'accordo. Come fanno a stare a digiuno? Il punto è che è tutto sbagliato. È sbagliato quello che ci hanno imposto, come ce lo hanno imposto, ed è sbagliato quello che noi siamo costretti a sopportare. Noi protestiamo a oltranza. D’altra parte che alternativa abbiamo? Stiamo lottando per le nostre famiglie e per i nostri figli. Se fossimo rimasti zitti e buoni nessuno ci avrebbe nemmeno preso in considerazione e questo esodo di massa sarebbe passato quasi sotto silenzio».

Si sente abbandonata?

«Per ora no, ma ho paura di esserlo».

IL RAID NELLA NOTTE - Gli abitanti del residence avevano subito deciso di uscire dalle loro case e di dormire nelle tende montate in cortile. Una protesta pacifica a oltranza. Ma verso mezzanotte e mezza la situazione è precipitata. Un gruppo di persone ha divelto la porta di un locale del piano terra usato come magazzino. Una volta dentro, hanno tirato fuori le cose portate per arredare gli appartamenti vuoti dove sono stati sistemati i profughi: materassi, reti, divani, televisori led da 40 pollici, pacchetti di sigarette, vestiti, infradito e così via. Poi hanno fatto un mucchio in giardino e l'hanno incendiato. Proprio negli stessi minuti il custode della cooperativa sociale Xenia ha rischiato il linciaggio. «Un uomo di 65 anni - spiega Marco Merciai della onlus che si occupa dell'accoglienza dei migranti - è stato preso a pugni e gli è stata spaccata l'auto».

LA PROTESTA - Passata la notte, la tensione è tornata a salire poco prima di mezzogiorno. Sulla facciata del condominio sono apparsi due striscioni: «Profughi in casa nostra» e «Prefetto Marrosu, portali a casa tu!». E pochi istanti dopo la visita di Zaia è scoppiato un nuovo parapiglia. La miccia è stata l'arrivo della mensa incaricata di distribuire i pasti ai profughi. I residenti si sono catapultati sul retro. Mentre alcuni esponenti di Forza Nuova hanno rovesciato e strappato dalle mani degli operatori i sacchi di pane e altre derrate. Un intervento che a dire il vero ha fatto storcere il naso a qualche abitante. Ma nessuno si è dissociato. Anzi. «Non serve che mangino, tanto sono in Ramadan - hanno detto alcuni residenti riferendosi agli immigrati - riportateli tutti in Africa. Questi sono nati per non fare nulla. Dicono di scappare dalle guerre, ma non ne hanno mai vista una. Mio nonno ha lasciato le ossa sul Piave. Loro, invece, sono belli in forma. Lo si vede anche dai muscoli che hanno».

LA SICUREZZA - Adesso il quartiere è una polveriera. I condomìni sono presidiati dalle forze dell'ordine. Ma l'esasperazione della gente rischia di trasformarsi in rabbia per qualsiasi cosa. «Non si può continuare così - spiega Ennio Brunello, consigliere comunale delegato di Quinto - dentro le palazzine gli immigrati si divertono a giocare con l'ascensore e poi guardano chi sta fuori ridendo e fumando, con il cellulare sempre in mano. Inaccettabile». Quel che è certo è che la protesta dei residenti andrà avanti a oltranza. Almeno fino a quando non riusciranno ad avere un incontro con il prefetto Maria Augusta Marrosu. «Noi - conclude Teresa - torneremo nelle nostre case solo quando loro se ne saranno andati da qui».

Ultimo aggiornamento: 11:27

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