VENEZIA - Le casse non battono più, le strobo non illuminano più. I parcheggi deserti, i muri scrostati, i divanetti distrutti. Non è adatto ai nostalgici il viaggio fotografico che propone il blog Memories on a dancefloor della trevigiana Jessica Da Ros, in Veneto e non solo.
Sono le discoteche, ex cattedrali di vita, che oggi sembrano vivere una crisi senza fine. Dallo Station, il Rock and Blue, il Le Palais, il Pachuca e l'EastSide di Padova allo Shadow di Belluno, passando per Jesolo (dove la lista è troppo lunga: Matilda, Papaya, Movida, Capannina...), fino al Maskò di Rovigo, allo Shaker di Sottomarina o al Disco Palace di Nervesa della Battaglia che è diventato un centro per disabili.
Molti, leggendo questi nomi, ripenseranno a notti passate, spesso esagerate, dove musica, danze, corpi, alcol si mischiavano in un rito collettivo e "sacro" che ormai sembra aver perso il suo smalto e il suo carico di significati.
Finiscono così, in un cumulo di macerie, quando non trasformati in appartamenti o centri commerciali, quelle "case notturne" che hanno visto i ragazzi del Veneto, i 30/40enni di oggi, esibirsi, divertirsi, innamorarsi, ubriacarsi ed esagerare. Sbagliare e crescere.
Non per tutti sono luoghi degni di essere celebrati o ricordati, ma è incontestabile che, buona o cattiva, tanta vita è passata da questi luoghi. Energia che sembra però aver lasciato il segno.
Nei commenti in coda all'articolo, chi vuole, può condividere il suo ricordo. Aspettando che ricominci la musica.