STORIE AL LIMITE - Il dramma di Carmela: le tolgono 9 figli su 10

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(Antonio Di Laurenzio Newfotosud) NAPOLI - Il tribunale dei minori le toglie 9 figli su 10 per «indigenza e una situazione di forte degrado». È la storia di Carmela (36 anni) e di suo marito Pasquale (45 anni), che vivono in un monolocale nel Rione Stella. L’ultimo figlio, appena nato, per il momento è rimasto con i genitori. È una brutta storia, da qualsiasi punto di vista la si guardi, che è finita per sfociare in una guerra di carte bollate, richieste di accesso agli atti, denuncie alla Procura e battibecchi a sfondo politico. Tutto ha inizio il 29 ottobre, quando dal tribunale dei minori di Napoli parte «l’atto di sospensione della responsabilità genitoriale sui figli» per i due coniugi. Il provvedimento viene adottato dall’amministrazione comunale sulla scorta - stando a quanto si legge in una nota dell’assessorato al Welfare - «dei gravi elementi di pregiudizio emersi e già evidenziati anche dal Pm minorile». Ma non finisce qui. La vicenda viene portata alla luce dalla presidente della Consulta delle elette del Comune, la consigliera di opposizione Simona Molisso, che il 16 novembre convoca una riunione, in cui la madre dei 9 ragazzi, uno dei quali maggiorenne, racconta in audizione la sua vicenda. Qui parte lo scontro istituzionale. Dopo l’incontro, la consigliera, che è anche avvocato, decide di inviare una richiesta di accesso agli atti e invita presso la Consulta gli assistenti sociali che si sono occupati del caso. Dopo il «niet» ricevuto, la Molisso decide di interpellare – con ruolo di garante - il presidente del Consiglio comunale, Raimondo Pasquino, i capigruppo e il sindaco de Magistris, il Prefetto e la Procura, scrivendo una missiva infuocata, nella quale parla di «applicazione sistematica dell’articolo del codice civile (il 403 ndr) da parte dell’amministrazione», secondo il quale i minori ritenuti a rischio devono essere collocali in strutture convenzionali. Per la Molisso c’è una responsabilità politica: «L’inesistenza di alcuna efficace misura di sostegno alla famiglia, con tutte le conseguenze – umane, sociali e anche politiche finanziare del caso». La consigliera di Red (Rete etica democratica) sottolinea che «si tratta di una battaglia civile – condotta politicamente in Consiglio comunale e professionalmente nelle aule di tribunale e tra i soggetti meno garantiti della nostra città». Le parole della Molisso si fanno più aspre quando parla di «irritualità di un atto proveniente dall’organo esecutivo dell’amministrazione (sottoscritto anche da un dirigente) volto ad impedire l’esercizio dell’ordinaria attività di sindacato ispettivo di un organo consiliare» e di «toni intimidatori» contenuti nella risposta dell’amministrazione. In sostanza la consigliera mette in evidenza, dal suo punto di vista, «un mal funzionamento dell’intero sistema» e punta il dito contro l’assessore competente, Roberta Gaeta, che detiene la delega al Welfare e Politiche Sociali. L’assessore, che tra l’altro proviene proprio dal mondo degli assistenti sociali, spiega: «L’amministrazione ha solo eseguito un provvedimento del tribunale. Siamo obbligati per legge a farlo. La consigliera Molisso invece ha fatto un attacco alla professione e agli assistenti sociali, chiamando in un contesto politico l’esecutore dell’autorità giudiziaria. Oltretutto ha violato la privacy della famiglia e mi meraviglio che non conosca le procedure, in quanto avvocato. Non è opportuno che un organo politico convochi un assistente sociale e un dirigente della Municipalità presso la Consulta delle elette per un confronto con una madre che ha perso la potestà genitoriale. È lei ad aver fatto un’intimidazione non io».
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Il Gazzettino