Al Trento festival il "corto" di Vielmo sul terremoto che scosse l'Everest Vedi il trailer di "Himalayan last day"

VICENZA - Lui non ci sarà, sta scalando un altro ottomila, nella spedizione per la conquista dell'Annapurna, ma il suo film, "Himalayan last day"...

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VICENZA - Lui non ci sarà, sta scalando un altro ottomila, nella spedizione per la conquista dell'Annapurna, ma il suo film, "Himalayan last day" farà il protagonista a Trento, testimonianza unica,  il racconto sconvolgente della forza della natura che ha scosso come mai prima il tetto del mondo. Quello di Mario Vielmo, scalatore vicentino autore di grandi avventure e spedizioni, doveva essere “solo” un documentario alpinistico, il racconto della Lhotse Expedition 2015 guidata da lui e della sua sfida al decimo ottomila. E invece “Himalayan last day" si è trasformato in un eccezionale documento che ora è valso a Vielmo la partecipazione alla 64. edizione del Trento Film Festival, con la proiezione all’interno della sezione Alp&Ism, prevista per sabato 30 aprile. Il film sta muovendo i primi passi e Trento è l'occasione per il lancio in grande stile.

 

Nell'edizione dei record, che ha visto oltre 470 film iscritti provenienti da tutto il mondo, la selezione del corto rappresenta ancor più un motivo di orgoglio per l'alpinista vicentino classe 1964, che il 25 aprile di un anno fa si trovava al campo base ai piedi dell’Everest in procinto di scalare la montagna gemella, il Lhotse (8.516 metri). Erano le 11,45 quando l’area venne sconvolta da un terremoto di 7.8 di magnitudo. «Un boato, una valanga ciclopica si è staccata dall’Amapurna – racconta Vielmo, capocordata dell’unica spedizione italiana presente – ho pensato: è la fine. Ero certo di non sopravvivere». E invece le piccole tende degli italiani, collocate dietro a dei massi, sono state miracolosamente risparmiate. Tutto intorno devastazione e morte: «Si sentivano le urla degli alpinisti dispersi nei crepacci (quasi mille persone al campo base in quel momento, ndr.), c’erano morti e feriti accanto a noi».
 

Le immagini raccontano l’arrivo dei primi soccorsi, il rombo degli elicotteri che si mescola al suono inquietante delle valanghe che continuano ad incombere per le scosse di assestamento. E poi loro, i sopravvissuti animati dal coraggio e dalla necessità di non soccombere. Tutto il girato di quei giorni, immagini dall’enorme valore di testimonianza, è stato curato in post produzione negli studi trevigiani di Zeta Group. «L’alpinismo è per me da sempre una necessità, il confronto con i limiti personali davanti alla forza della natura. Ma questa esperienza – racconta l’autore - è andata al di là di ogni impresa sportiva e ci ha cambiati per sempre. Parole come “paura” o “forza di volontà” hanno assunto un significato nuovo». La spedizione italiana, di cui faceva parte anche il medico alpinista Annalisa Fioretti, una volta al sicuro, ha messo tutto il proprio impegno per soccorrere le popolazioni ferite negli ospedali e dare aiuto materiale. La stessa tenda di Vielmo è servita a dare riparo a bambini senza più una casa. Un impegno che è diventato una missione per l’alpinista che sostiene l’associazione veneta Sidare Onlus per il Nepal. Anche il ricavato del film andrà a sostenere il progetto “Una su 6mila”: la ricostruzione di una delle 6mila scuole nepalesi distrutte, che sorgerà ad Arugath e accoglierà 700 bambini della regione. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino