VICENZA - Quasi 150 firme in pochi giorni. Manca un mese dalla seduta del consiglio comunale destinato a dare il via libera al progetto Tav, ma a Vicenza il dibattito è...
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Assemblea preceduta dalla protesta all'arsenale ferroviario in occasione della visita del ministro alle infrastrutture Graziano Delrio. Per il quartiere si tratta di «un'opera folle che svilisce l'intelligenza dei vicentini. La città rischia di perdere il marchio dell'Unesco per il Dal Molin, Borgo Berga e il Tav. La zona verrà squarciata da due nuovi binari, una strada e un ponte». Il 17 e il 18 maggio gli stessi tecnici di Rfi, Italferr e quelli di Polinomia incontrano i consiglieri della commissione territorio di palazzo Trissino, prima del passaggio delle carte in sala Bernarda. E a metà giugno si conoscerà l'esito della consultazione da 11 mila euro affidata dal comune a una società demoscopica.
Due soluzioni in campo: stazione principale in Fiera, eliminazione di quella storica con collegamenti regionali a Borgo Berga o mantenimento di quella di viale Roma, con fermata in Fiera per la mobilità regionale e per l'Alta velocità. «Sottoporrò il questionario ai sindaci berici, in modo da avere il parere dell'area metropolitana», annuncia Achille Variati, sindaco e presidente della Provincia. I vicentini tuttavia chiedono più tempo per conoscere costi e impatto. Su questo fronte la consigliera dei 5 Stelle Liliana Zalton: «Il sondaggio è un altro cavallo di Troia - tuona -. L'amministrazione parla di coinvolgimento popolare. In realtà utilizza le informazioni per centrare il suo obiettivo, che è quello di realizzare l'opera a tutti i costi».
Intanto Civilità del verde e comitati Ferrovieri, Vicenza est e Pomari giudicano «un palliativo e una presa per il collo» i questionari elaborati da palazzo Trissino e promettono una mobilitazione non solo per approfondire il tema e rilanciare l'opzione zero, ma anche per fare luce sulle freuentazioni dell'azienda a cui è stato affidato lo studio dell'impatto ambientale, come sottolinea Francesca Leder. Sul piede di guerra pure i residenti della zona est. «Pare che il Tav fermi allo stadio - osserva Alessandro Fracasso - E poi? Che cosa passerà sulle nostre teste?».
Al centro della disputa due ipotesi differenti anche a livello di costi. Per la stazione in Fiera servirebbero 1,7 miliardi, per il ridordino di quella in viale Roma poco meno della metà. Previsto il passaggio di 90 Frecce al giorno di cui 76 con fermata nel capoluogo. In entrambi i casi verrebbe realizzato un filobus da ovest a est per una spesa di 69 milioni.
Il coordinamento del comitati, che ha tra i portavoce Giancarlo Albera, propone invece una terza opzione che ruota attorno all'idea di evitare il quadruplicamento della linea storica e di affiancare, ai due esistenti, un solo terzo binario, da collocare dalla Fiera alla stazione e dal cosiddetto bivio Bacchiglione (zona stadio) a Settecà. «E' una proposta meno costosa delle precedenti e con ridotto impatto ambientale», spiega Albera, favorevole alla fermata in Fiera e al mantenimento della stazione in viale Roma che, nei disegni del coordinamento, va realizzata a scavalco sui binari fino a viale Fusinato, dove troverebbe posto un parcheggio.
Quanto al filobus, si chiede di sfruttare il sedime ferroviario ex Ftv, in parallelo ai 3 binari ferroviari, fino all'ex corte Pellizzari. E ancora, un tunnel sotto la stazione con uscita in viale Risorgimento, e un viadotto fino a via Martiri delle Foibe. Previsti poi la demolizione della passerella di Ferreto del Ferreti, da sostituire con un sottopasso, e l'interramento di un tratto di strada tra via Maganza e la stazione con sbocco sulla maxi rotatoria ridosso di viale Milano. «In questo modo si risolve il vecchio problema dell'attraversamento della città - conclude Albera -. Inoltre viene rilanciata l'area di San Lazzaro». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino