Vincenzo Consoli parla. Dopo due anni di silenzio e il crollo di Veneto Banca, che lui ha guidato per vent'anni. E in questa seconda parte dell'intervista al Gazzettino...
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È emerso che le "baciate" erano una prassi. Secondo lei era lecita, accettata, tollerata?
«Vi garantisco che in Veneto Banca non c'è mai stata nessuna prassi! C'è comunque un prima e un dopo 2014, quando cambiano le norme. Il mondo delle popolari ha sempre avuto affidamenti a fronte delle proprie azioni. Da sempre. Alcuni statuti di banche popolari addirittura stabilivano che gli affidamenti andavano concessi prima ai soci e solo dopo, se restava qualcosa, ai clienti non-soci. Tenete anche conto che le presunte operazioni baciate evidenziate dalla Bce nell'ispezione del 2016 secondo nuovi e più stringenti criteri entrati in vigore nel 2014 sono di circa 250 milioni e si riferiscono ad un manipolo di operazioni relative a più anni. Come si fa a parlare di prassi? Ci si dimentica anche che Veneto Banca era una cooperativa e nelle cooperative i soci prendono e danno».
Allora perché quando è iniziata la crisi alcuni sono riusciti a vendere e altri no?
«Fino a tutto luglio 2013, come vi ho detto, non c'erano problemi. Questi iniziano alla fine della seconda ispezione, quando iniziano a circolare voci di chissà quali problemi patrimoniali, che come ho spiegato e come ha certificato Bankitalia erano in realtà contenuti. È iniziata la crisi di fiducia e di credibilità della banca».
Ma c'è comunque chi ne ha beneficiato...
Il Gazzettino