Sul terreno minato di Banca Etruria, a dare l'assist ai renziani, che per bocca del presidente del Pd Matteo Orfini si lanciano in un nuovo furioso attacco contro Via...
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L'AUDIZIONE
Rossi, che ha rischiato il trasferimento per incompatibilità ambientale e il procedimento disciplinare per una vecchia consulenza con il governo Letta, ereditata anche dall'esecutivo Renzi, e per l'archiviazione di quattro procedimenti a carico di Boschi dei quali non aveva avvertito il Csm (tutto archiviato) ha parlato per cinque ore. Prima l'attacco a Bankitalia: il giudizio di «partner di elevato standing» nei confronti di Popolare di Vicenza per l'aggregazione con Etruria, ci è sembrato «singolare», considerando come a via Nazionale avessero «appreso già nel 2012 che la situazione» della banca veneta era «anche peggiore di quella di Banca Etruria». La Banca d'Italia e la Consob «in casi documentali - dice Rossi - hanno assunto atteggiamenti contrastanti e divergenti». Poi, a telecamere spente, Rossi ammette che ad Arezzo le verifiche sono in corso, anche se la competenza è della procura di Roma. Poi si apre il capitolo Boschi. Ai parlamentari che gli chiedono quale sia stato il ruolo del padre del sottosegretario nel crac Etruria, il procuratore spiega: «Boschi non ha partecipato alle riunioni degli organi della banca che hanno deliberato finanziamenti finiti poi in sofferenza. E non risulta agli atti della sua inchiesta l'intercettazione del 3 febbraio 2015 fra Pier Luigi Boschi e il dg di Veneto Banca Vincenzo Consoli. Rossi rispondeva alla domanda del deputato Carlo Sibilia (M5S) che ha letto il contenuto del dialogo fra i due: «domani io ne parlo con mia figlia, con il presidente (Matteo Renzi o quello di Etruria?, ndr) domani, ci sentiamo in serata». Per Rossi forse «si tratta di accertamenti disposti dalla Procura di Vicenza di cui non ci ha reso partecipi».
Boschi entra in cda nel 2011 come amministratore senza deleghe, diventa uno dei due vicepresidenti nel maggio 2014 assieme a Rosi.
LA POLEMICA
Orfini non perde l'occasione: «Si sta sgretolando il castello di sciocchezze - dice - e sta emergendo la vera responsabilità del fallimento di Banca Etruria che è stata della Banca d'Italia» non solo in termini di vigilanza ma «per un suo ruolo persino eccessivo». Carla Ruocco (M5s) parla di «conflitti di interessi e omessa vigilanza». Ma poi il Movimento avverte: «Il Pd non si sogni di scaricare tutte le responsabilità su via Nazionale. Sono surreali le esultanze dei renziani in queste ore». Il capogruppo di Fi Renato Brunetta, più benevolo di molti suoi colleghi, parla di paternalismo di Banca d'Italia, attenta più alla stabilità che alla trasparenza. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino