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È in un silenzio tombale che il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, legge la sentenza in nome di Sua Santità Papa Francesco. Per la prima volta un cardinale di Santa Romana Chiesa è stato condannato per crimini finanziari. Angelo Becciu, fino a qualche anno fa una delle figure più influenti della curia, già braccio destro del Pontefice e ritenuto persino papabile, ma privato tre anni fa dallo stesso Papa delle cariche e delle prerogative attive del cardinalato, ha avuto ieri una pena di cinque anni e mezzo di carcere, più 8 mila euro di multa e il divieto perpetuo di esercitare una carica pubblica.
Il che significa che potrebbe essergli preclusa anche la berretta rossa. Ben pochi, al di là del Tevere, si aspettavano che fosse condannato così pesantemente, benché il Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, avesse chiesto per lui 7 anni e 3 mesi. La curia, ieri pomeriggio, mentre la notizia volava, era letteralmente sotto choc. Il processo era una specie di stress-test utile anche a stabilizzare le grandi riforme in atto, che dopo lo scandalo hanno già concentrato il controllo totale dei fondi sovrani (circa 600 milioni di euro) non più nella Segreteria di Stato, ormai depotenziata, ma in un unico centro, l'Apsa, il forziere finanziario.
Con la sentenza, frutto di 86 udienze, il Tribunale ha giudicato anche altri 9 imputati e alcune società coinvolte per un totale di 49 capi d'accusa. Uno solo di loro è stato assolto, monsignor Mauro Carlino, già segretario di Becciu, attualmente ridotto a parroco a Lecce. Condanne durissime invece sono arrivate per tutti gli altri imputati: Enrico Crasso (uomo di fiducia del Vaticano da oltre vent'anni per la gestione dei fondi) a sette anni, 10 mila euro di multa e l'interdizione perpetua dei pubblici uffici. Raffaele Mincione cinque anni e 6 mesi, 8 mila euro di multa e interdizione perpetua dei pubblici uffici; Gianluigi Torzi sei anni, 6mila euro di multa e la vigilanza speciale per un anno; l'avvocato Nicola Squillace (pena sospesa) un anno e dieci mesi; Fabrizio Tirabassi, il funzionario vaticano dell'ufficio che amministrava i soldi della Segreteria di Stato, 7 anni e sei mesi, diecimila euro di multa. Mentre per la ex manager Cecilia Marogna, la pena è di tre anni e nove mesi di reclusione. Infine per Renè Brulhart e Tommaso di Ruzza una multa di 1.750 euro. E nel saluto prima di ritirarsi per deliberare, oltre a ringraziare tutte le parti, Pignatone non ha mancato di sottolineare come risulti «confermato che il contraddittorio tra le parti è il metodo migliore per raggiungere la verità processuale e, mi permetto di aggiungere, per cercare di avvicinarsi alla verità senza aggettivi».
IL PALAZZO
Le vicende al centro della decisione cominciano tra il 2013 e il 2014, quando, su disposizione dell'allora Sostituto Becciu, la Santa Sede sottoscrive il fondo Athena, di Mincione, che ha caratteristiche altamente speculative.
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LE REAZIONI
I legali del cardinale, Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, hanno annunciato che ricorreranno in appello una volta pubblicate le motivazioni della sentenza, cioè tra un anno: a loro dire le accuse erano tutte state smontate in aula e non c'erano prove di peculato e truffa aggravata sia per la compravendita del disgraziato Palazzo di Londra, che per i 125 mila euro di aiuti alla cooperativa Spes della Caritas di Ozieri e persino per il denaro (540 mila euro) trasferito a Cecilia Marogna al fine di liberare una suora rapita in Mali (ma poi speso dalla donna esperta in geopolitica in beni voluttuari).
PAPA
Il cardinale che continua a gridare la sua innocenza («non ho mai rubato un centesimo a nessuno») ha aspettato la sentenza a casa sua, a poche centinaia di metri dall'aula del tribunale. Solo qualche giorno fa il Papa lo aveva chiamato al telefono raccomandandosi di «non perdere mai il buon umore». Una cosa sembra certa e cioè che il cardinale Becciu semmai vi sarà in futuro la proposta di grazia da parte del Papa la rifiuterà «perché vorrebbe dire che sono colpevole, mentre io sono innocente».
Il Gazzettino