Mario Marenco «è il migliore umorista che abbia mai conosciuto, un intellettuale finissimo, un personaggio che svettava per la sua originalità e per la...
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Mario Marenco, addio all'indimenticabile Riccardino di Indietro Tutta
A legarli, innanzi tutto, le origini: «Era nato a Foggia come me - ricorda Arbore in una conversazione - e poi aveva studiato a Napoli. Abbiamo iniziato giovanissimi a fare la radio, esperienza che è andata avanti per quindici anni, poi abbiamo condiviso due film e diversi programmi tv, dall'Altra domenica a Indietro tutta. Una stagione importantissima della mia vita, con Gianni Boncompagni (morto nel 2017, ndr) e Giorgio Bracardi».
Marenco, sottolinea ancora Renzo Arbore, «è stato un inventore pazzo e straordinario», anche nel suo «lavoro di designer e architetto. Mi piace ricordare il divano Marenco, fatto di soli cuscini, che creò negli anni '70, imitatissimo e per anni modello più venduto in Italia». Tra le tante maschere interpretate dall'attore, ad Arbore piace ricordare il colonnello Buttiglione di Alto gradimento: «Finì nel mirino del vero colonnello Buttiglione (zio di Rocco, ndr): dopo varie telefonate di protesta, nelle quali il telefono veniva puntualmente riattaccato perché si pensava a uno scherzo, il capo ufficio stampa del ministero della Difesa ci pregò di cambiare il cognome. E così fu promosso a generale Damigiani». Una citazione merita anche «Mister Ramengo, inviato dell'Altra domenica, con le sue corrispondenze da posti improbabili e le telecronache di imprese fantasmagoriche che facevano il verso agli inviati speciali della tv. Alcuni di questi sketch sono ancora visibili su Renzo Arbore Channel, testimonianze preziose di quell'epoca».
Marenco «era un irregolare che non aveva ambizioni di successo, eppure il successo gli arrideva perché trasudava intelligenza: ecco - dice Arbore tra un sospiro e un sorriso - questa definizione gli sarebbe piaciuta, perché si vedeva che dietro il sorriso c'era sempre un dispetto che faceva a se stesso come persona seria e alle istituzioni che lo registravano. Se gli chiedevo 'Mario, perché lavori?', rispondeva "Per sfregio". E l'ultima volta che, in ospedale, gli ho chiesto 'Come staì, mi ha risposto: "Una catastrofe"». «Oggi tutti noi amici lo rimpiangiamo - conclude Arbore - ma spero venga ricordato non solo dal pubblico dei coetanei, ma venga scoperto anche da coloro che vogliono imparare come si fa a ridere in maniera intelligente». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino