Tik Tok, Blackout Challenge: 1 ragazzo su 5 dichiara di aver partecipato alla sfida mortale

La Blackout Challenge, l'assurda sfida di Tik Tok che invita i partecipanti a stringersi una corda intorno al collo per provare la propria resistenza, è ormai...

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La Blackout Challenge, l'assurda sfida di Tik Tok che invita i partecipanti a stringersi una corda intorno al collo per provare la propria resistenza, è ormai diffussima tra i più giovani. Secondo le ricerce pubblicate da Skuola.net 1 ragazzo su 6 conosce questa challenge online e 1 su 5 ci ha sfidato sé stesso almeno una volta. Il fenomeno diventato virale sul social musicale cinese è ora ormai tristemente conosciuto anche nel mondo degli adulti, dopo la tragica vicenda di Antonella, la bambina di 10 anni di Palermo, morta per aver sfidato la sorte in questo assurdo «gioco» social.

Secondo i dati raccolti nel recente sondaggio effettuato da Skuola.net su 1500 ragazzi di scuole medie e superiori, più di 1 giovane su 6 conosce la Blackout Challenge e le sue regole. Come? Il 31% attraverso letture sul web, il 25% tramite video postati sui social, il 17% per il passaparola dei coetanei. Ma il dato più allarmante riguarda chi dalle parole è passato ai fatti: tra i ragazzi «informati», quasi 1 su 5 - il 18% - afferma di aver anche partecipato al «gioco». Ancora di più quelli al corrente dell'esperienza di qualcuno che ha sperimentato il brivido della morte apparente: il 30%, quasi 1 su 3.

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Ma incomprensibili, oltre alle regole del gioco, sono anche le principali motivazioni che, stando sempre alla rilevazione di Skuola.net, spingono tanti giovani a praticare questa challenge. Apparentemente banali: fare un video da far diventare virale online (56%), divertirsi in modo alternativo (10%), provare la sensazione di incoscienza promessa (8%), stare male per saltare qualche giorno di scuola (5%). Ma tanti, alla domanda sul perché della partecipazione al 'giocò, non sanno dare una giustificazione (21%).

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«L'ennesima tragedia legata alle challenge online, dal nostro osservatorio privilegiato sul mondo giovanile, ci sbatte in faccia due elementi di riflessione. Il primo è che non si può continuare a far finta che fenomeni del genere, così sfuggenti e apparentemente lontani dai canali di comunicazione mainstream, esistano solo quando accade l'irreparabile - Dichiara Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net - ma al contrario si devono affrontare di petto per debellarli definitivamente. Il secondo è tutta l'inquietudine di una generazione che si sente sottovalutata ma al tempo stesso pressata dalle aspettative degli adulti, un mix che spesso li disorienta a tal punto da indurli ad autogiudicarsi inutili, falliti e nei casi più estremi all'autolesionismo e ai tentativi di suicidio (reali o simulati). Come se nella 'fine' intravedessero la cura a ogni loro male, quando invece per loro la vita ha da dire ancora tutto», conclude Grassucci.

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Il Gazzettino