Podcast, Alessio Giannone alias Pinuccio: «La voce un elemento di intimità»

Alessio Giannone
Alessio Giannone, alias Pinuccio, racconta il suo finto diario da naufrago “Podcast Away”. Cosa...

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Alessio Giannone, alias Pinuccio, racconta il suo finto diario da naufrago “Podcast Away”.

Cosa l’ha spinta verso questo mondo? E quali sono i suoi rapporti/legami con i podcast?

«Di questo mondo mi ha sempre affascinato il racconto orale di storie, quasi da cantastorie. Un po’ mi ricorda i racconti di mia nonna. È stato un modo per tornare a narrare storie lontano dal linguaggio video. Il dettaglio della storia, il dettaglio del rumore, il dettaglio del suono mi affascinano molto. I miei legami con i podcast sono iniziati da fruitore, e da qualche tempo anche da produttore».

Perché la voce? Cosa la affascina di questo strumento?

«La voce perché merita più attenzione. In questi anni abbiamo notato quanto i social hanno abituato la nostra mente all’immagine. Ma la voce necessita di più attenzione da parte di chi ti ascolta e quindi se hai un pubblico che deve ascoltarti con più lentezza, puoi permetterti anche tu tempi diversi. Lo strumento voce possiamo definirlo resiliente rispetto ad altri mezzi di comunicazione».

Che differenze ha trovato tra realizzare un podcast e “parlare” alla radio?

«La differenza tra podcast e radio è fondamentale. Il podcast ha uno storytelling diverso, è una sceneggiatura anche con l’inserimento della musica come elemento sostanziale da un punto di vista registico. La radio è un flusso audio, è audio. Il podcast è altro, spero se ne accorgeranno anche in Italia». 

Nell’era delle immagini la voce sta diventando sempre più importante in ambito digitale: i podcast, ma anche piattaforme come ClubHouse.

«Podcast e social legati alla voce hanno impostazioni diverse. Se dovessi fare un’intervista probabilmente la farei su ClubHouse; ma se dovessi raccontarne la storia lo farei con un podcast».

Per chi è abituato ad avere un rapporto con il video come si vive il passaggio al livello voce?

«Naturalmente è diversa la scrittura. Tutto quello che dai per scontato in un video perché hai il supporto dell’immagine, in un prodotto podcast a livello di scrittura devi sforzarti d’inserirlo».

Secondo lei perché i podcast stanno avendo questo successo?

«Di sicuro alcuni podcast hanno avuto grande successo, perché in qualche modo ti riempiono un vuoto. E hanno avuto successo, secondo me, perché la voce è un elemento di intimità: quindi, quando io creo e ascolto un podcast, sembra che il narratore stia parlando solo a me». 

Il suo podcast preferito da ascoltatore? E perché?

«L’ultimo che ho ascoltato è stato “Bunga Bunga” prodotto da Wondery, che è una società americana. Uno dei prodotti migliori in cui mi sia imbattuto. Ascolto molti podcast prodotti da questa società, davvero molto ben fatti». 

I suoi progetti futuri in questo ambito?

«Ho una società che si chiama “Mentre Reliving stories” che produce podcast. Per Mentre ho appena girato la puntata zero di un mio podcast, che si intitola “The big G - la manipolazione del pensiero”, scritta con un professore universitario di neuroscienze, in cui parliamo di come le false notizie hanno condizionato la storia. Ci tengo molto e spero a breve di poter far uscire questo prodotto».

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Il Gazzettino