Uber, attraverso la sua app, è in grado di aggirare i controlli nelle città dove il servizio è vietato o sottoposto a restrizioni. Lo riporta il New York...
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Il sistema è operativo dal 2014 e viene tuttora utilizzato. Non solo nel nostro Paese, ma anche a Parigi, Boston, Las Vegas. E in Australia, Corea del Sud, Cina. A rivelarlo al quotidiano statunitense alcuni dipendenti del servizio low-cost di auto con conducente, che hanno spifferato il segreto mantenendo l'anonimato per paura di ritorsioni ma consegnando documenti che attestano la veridicità del loro racconto. Il programma per ingannare poliziotti, investigatori e funzionari pubblici si basa su un sofware chiamato 'Greyball', che usa informazioni e dati raccolti attraverso la app.
Un sistema grazie al quale Uber riesce a individuare le persone da cui parte la chiamata, bloccando immediatamente la corsa se nasce il sospetto che dietro ci sia una trappola. Nel momento in cui arriva la prenotazione sospetta, infatti, sull'app compare una macchinina fantasma che si avvicina al punto in cui si trova il finto cliente ma che in realtà non arriverà mai.
E il gioco è fatto. La prima volta che si è scoperto il trucco risale a due anni fa nel corso di alcune indagini a Portland, in Oregon, città in cui Uber operava senza i regolari permessi e, in seguito, è stata dichiarata illegale. È qui che si è capito che gli investigatori sguinzagliati dalle autorità cittadine venivano individuati e taggati nel momento in cui attivavano la app, permettendo agli autisti che operavano illegalmente di farla liscia.
La rivelazione del Nyt, nel momento in cui il caso Uber sta scatenando ferocissime polemiche nel nostro e in altri Paesi, rischia così di alimentare le tensioni.
Il Gazzettino