Meta diffama TikTok, il Washington Post: «Ha pagato un'agenzia per diffamare il social»

La società di consulenza è vicina al partito Repubblicano americano. Facebook non ha commentato

Meta diffama TikTok, lo scoop del Washington Post: ha pagato una società di consulenza per avviare una campagna di denigrazione
Meta ancora nella bufera. La compagnia di Mark Zuckerberg che possiede Facebook e Instagram avrebbe pagato la società di consulenza Targeted Victory (vicina al Partito...

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Meta ancora nella bufera. La compagnia di Mark Zuckerberg che possiede Facebook e Instagram avrebbe pagato la società di consulenza Targeted Victory (vicina al Partito Repubblicano) per avviare una campagna di diffamazione contro il competitor numero uno: TikTok. Lo scoop arriva dal "Washington Post", che sarebbe entrato in possesso di alcune mail che provano il coinvolgimento di Meta. 

Secondo il Post ai piani alti di Meta circola da tempo una certa preoccupazione collegata al fatto che l’utilizzo di TikTok da parte dei giovani e degli adolescenti supera di due o tre volte quello di Instagram. 

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In cosa consiste la campagna?

La Targeted Victory avrebbe dovuto coinvolgere giornalisti ed esponenti politici, che avrebbero dovuto avvertire contro il rischio per le giovani generazioni nell'usare TikTok. In una delle mail intercettate dal Washington Post si scriveva che l'obiettivo doveva essere far emergere storie diffamanti, che avessero come base «come TikTok è diventato lo spazio di social media più dannoso per i bambini». Nella campagna si mirava anche a convincere il legislatore americano sul fatto che il vero obiettivo da colpire dovrebbe essere TikTok, di proprietà della multinazionale cinese ByteDance.

La società di consulenza non ha voluto replicare allo scoop del Post, mentre Andy Stone, portavoce di Facebooke, ha dichiarato che tutte le piattaforme, inclusa TikTok, dovrebbero affrontare un livello di responsabilità pari al successo che hanno ottenuto. Una non risposta, che spiega l'imbarazzo della compagnia di Zuckerberg, che ora sarà probabilmente chiamata a rispondere (stavolta senza giri di parole) in tribunale. 

 

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Il Gazzettino