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«Ci prepariamo a scenari con decine se non centinaia di attacchi hacker contemporanei, e questi incidenti, purtroppo, aumenteranno». È allarmante la previsione fatta da Roberto Baldoni, direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza, ma è proprio per fronteggiare queste minacce che l’Italia si è dotata della Strategia nazionale di cybersicurezza per i prossimi 5 anni (2022-2026) e del suo piano di implementazione, presentati ieri dal sottosegretario Franco Gabrielli, Autorità delegata per la sicurezza, e dal direttore dell’Agenzia Baldoni.
LA MISSIONE
È il premier Draghi a riassumere con poche parole la funzione della Strategia di cybersicurezza: «Arrivare a disporre di un adeguato livello di autonomia strategica nel settore e quindi garantire la nostra sovranità digitale». Draghi ha sottolineato l’importanza che alla cybersicurezza vengano garantiti fondi adeguati e con continuità. E il sottosegretario Gabrielli ieri ha garantito che la Corte dei Conti ha dato l’ok sull’impegno finanziario. «Per realizzare questa nuova visione - così Draghi in una nota -, l’Italia ha costruito un ecosistema di cybersicurezza fondato sulla collaborazione tra i settori pubblico e privato».
Partnership pubblico-privato centrale, dunque, e in grado di coinvolgere il mondo accademico e della ricerca, ma anche i media e le famiglie, puntando a far crescere professionalità e prodotti made in Italy.
LE RISORSE
La Strategia di cybersicurezza verrà finanziata con una quota pari all’1,2% degli investimenti nazionali lordi (previsti di anno in anno dalle leggi finanziarie), al netto dei fondi europei e del Pnrr (623 milioni di euro). Strategia che si fonda su 4 pilastri: cyber sicurezza e resilenza, prevenzione e contrasto della criminalità informatica, difesa e sicurezza militare dello Stato, ricerca ed elaborazione informativa. «L’obiettivo - ha detto Gabrielli - è colmare la condizione di deficit complessivo di sicurezza del dominio cibernetico del Paese, ricordando le parole del ministro per l’Innovazione Colao e il fatto che la stragrande maggioranza dei server pubblici non ha standard di sicurezza che garantiscono la salvaguardia dei dati». Un ritardo che pesa, ha concluso Gabrielli, «con cui dobbiamo fare i conti con un atteggiamento non isterico rispetto agli attacchi che possono verificarsi».
Il Gazzettino