ROMA Ora è allarme rosso: i big della racchetta sono a pezzi. Prima il gomito di Djokovic, poi il ginocchio di Wawrinka, quindi l'adduttore di Cilic e l'anca di...
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SFORZI ESAGERATI
Il 2017 rischia di essere ricordato per il numero di infortuni che stanno coinvolgendo i giocatori di primo piano del circuito maschile. Dall'inizio dell'era open (1968) nel tennis professionistico abbiamo assistito a una lenta ma inesorabile avanzata del cemento a spese dell'erba e della terra rossa, le due superfici più tradizionali e antiche. Nadal lo ha sottolineato più volte: «L'80% della stagione si gioca sul veloce e ci sono sempre meno tornei sulla terra». Un'opinione interessata, visto che il mancino spagnolo detiene il mostruoso record di 10 titoli al Roland Garros (per non parlare di Montecarlo e Roma), si potrebbe obiettare. Però i numeri sono lì e non mentono. Sul cemento la velocità e l'intensità aumentano e l'impatto sulle articolazioni è maggiore che su campi più lenti. Inevitabilmente il rischio di infortuni si alza.
CALENDARIO SENZA TREGUA
Più alto è il ranking, maggiore è il numero di partite che si giocano, più a rischio è l'usura del fisico. La scarsa pianificazione sta minando la salute dei tennisti: occorre tempo per allenarsi bene e nel tennis moderno questo tempo non c'è. E' uno dei motivi per cui la maggior parte dei big salta la Coppa Davis, stritolata dall'affollamento dei tornei ben più remunerativi. Lo stesso Federer si è pentito di essere rientrato già a Montreal la passata settimana in anticipo rispetto ai programmi. Il suo incredibile come back sta assumendo i contorni di una favola: King Roger ha compiuto il miracolo proprio grazie ai 6 mesi di stop di cui oltre la metà passata a prepararsi. Ora a 36 anni non deve farsi ingolosire dal miraggio del n.1. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino