Burgnich è morto, l'ex difensore di Inter, Napoli e della Nazionale aveva 82 anni. La "Roccia" che saltò con Pelè

Tarcisio Burgnich è morto, l'ex difensore di Inter, Napoli e della Nazionale aveva 82 anni
Quando i difensori erano “arcigni” e “rocciosi”, i portieri “pur validi” e “incolpevoli”, lui, Tarcisio Burgnich da Ruda,...

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Quando i difensori erano “arcigni” e “rocciosi”, i portieri “pur validi” e “incolpevoli”, lui, Tarcisio Burgnich da Ruda, furlàn della provincia di Udine che se n’è andato ieri a 82 anni, era semplicemente “Roccia”. Lo aveva chiamato così un altro dei suoi grandi compagni di squadra, in quell’Inter degli Anni Sessanta dove tutto era fuori misura, la Grande Inter, Angelo Moratti, HH, eccetera eccetera. Il compagno era Armando Picchi

 

 

SARTI-BURGNICH-FACCHETTI - Di roccia sembrava fatto Burgnich, il secondo della cantilena, “Sarti-Burgnich-Facchetti” e via fino a Suarez, la ninnananna dei sogni della gloria del calcio italiano: era la formazione tipo, quella che non c’è più sostituita dalle rose e senza fini, se non quello di lucro. Non c’era la costruzione dal basso, semmai la distruzione da lì, alla quale Burgnich, libero, stopper o terzino che fosse, contribuiva con quel suo volto da duro intagliato, quel suo sguardo che già fermava l’avversario, perfino vagamente strabico come fu giudicato quando era alla Juve che per questo lo mandò al Palermo, da dove poi lo avrebbero ripescato, per 100 milioni di lire del 1962, Moratti-Allodi-Herrera, un’altra sequenza da cantilenare per via dei quattro scudetti, delle due Champions e delle due Coppe Intercontinentali, tutti trionfi ai quali Tarcisio Burgnich partecipò, come aveva fatto a uno scudetto della Juve e come avrebbe poi fatto a una Coppa Italia del Napoli.

 

 

 

 

LA CARRIERA - Non voleva andare, né a Palermo né a Napoli, ma una volta lì… A Palermo segnò addirittura un gol in un 4 a 2 dei rosanero contro la Juve; del Napoli, che era quello spumeggiante di Luis Vinicio, disse poi “non mi sono mai divertito tanto”. Certo il nerazzurro fu la sua pelle: 467 volte in campo. E l’azzurro anche: c’era, nell’unico titolo europeo che l’Italia ha vinto, quello del 1968; c’era in Italia-Germania 4-3, la partita del secolo e segnò pure uno dei quattro gol, il secondo: Gianni Brera gli dette “9+” in pagella, ma forse meritava 10; c’era pure nella finale contro il Brasile, contro Pelè. «E’ un uomo in carne e ossa pure lui» si diceva facendo training autogeno. Invece no: arrivò una palla alta, saltarono insieme, ma quando Burgnich mise di nuovo i piedi a terra Pelè era ancora in volo lassù a prendersi il pallone.

 

 

C’è una foto da mostra. «Mi sbagliavo su di lui», disse Burgnich. Anche Pascutti gli fece una volta qualcosa di simile: “Sentii in aria la sua pelata che schioccava contro il pallone” raccontava, nelle rare pause del suo essere taciturno, Tarcisio Burgnich da Ruda. Allenò anche, poi, qua e là per l’Italia, successi e insuccessi come in ogni storia umana. Anche se l’uomo è di roccia.

 

I FUNERALI - L'ultimo saluto al mitico terzino si terranno domani pomeriggio, a Viareggio. La cerimonia si svolgerà alle 14.30, presso la chiesa di San Giovanni Bosco nel quartiere Marco Polo.

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Il Gazzettino