Spalletti, le prime parole da Ct: «Si ricomincia dal 4-3-3». E sulla clausola con il Napoli: «Gli avvocati stanno lavorando»

Elegante, sorridente, un sorriso che nasconde l’evidente emozione: «Coverciano è l’università del calcio, a undici anni mia mamma mi cucì una bandiera dell’Italia, che ancora oggi ho e porterò con me in panchina»

Spalletti, le prime parole da Ct: «Si ricomincia dal 4-3-3». E sulla clausola: «Gli avvocati stanno lavorando»
L’Aula Magna di Coverciano è piena, parte la nuova èra azzurra, dopo il traumatico addio di Roberto Mancini: c’è Luciano Spalletti, il nuovo ct....

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L’Aula Magna di Coverciano è piena, parte la nuova èra azzurra, dopo il traumatico addio di Roberto Mancini: c’è Luciano Spalletti, il nuovo ct. Elegante, sorridente, un sorriso che nasconde l’evidente emozione: «Coverciano è l’università del calcio, a undici anni mia mamma mi cucì una bandiera dell’Italia, che ancora oggi ho e porterò con me in panchina», racconta Lucio tifoso azzurro. E chissà se la porterà con sé solo in senso metaforico o realmente.

 

 

Spalletti si presenta

Vedremo, il 9 si gioca in Macedonia. Ad accogliere il nuovo commissario tecnico, il presidente federale Gravina, che siede alla destra di Lucio. Davanti a loro, altri illustri rappresentanti del calcio, da Boban, responsabile dell’area tecnica della Uefa, a Gigi Buffon, nuovo capo delegazione azzurro (che verrà presentato ufficialmente lunedì), Renzo Ulivieri, presidente degli Allenatori oltreché amico di Spalletti. Seduti in terza fila dell’Aula di Coverciano gli otto uomini, osservatori compresi, dello staff di Luciano. Ci sono tutti. Il tecnico campione d’Italia parla del futuro, che parte già lunedì, con il primo allenamento.

 

 

Il modulo

Idee chiare: «Si ricomincia dal 4-3-3». Gli obiettivi non sono le vittorie o le dichiarazioni trionfalistiche, almeno per il momento. «Io cerco la felicità. Che non vivrò se davanti a me non ci saranno persone felici. Quindi devono esserlo anche i miei calciatori, che devono imparare dai loro predecessori il senso di appartenenza e i valori della Nazionale, da gente come Buffon, Rivera, Mazzola, Vialli, Baggio etc». Qualcuno subito nota, non ha nominato Totti. Vero, ma nemmeno De Rossi e tanti altri. 

 

 

I «comportamenti»

E’ il solito Luciano Spalletti, quello che ama il lavoro sul campo, quello dei «comportamenti giusti», e non quello che si basa «sui nomi». E’ quello che spiega il calcio come pochi, con i termini da campo, «le pressioni», «le costruzioni». E’ un lavoro nuovo questo per lui, ma Lucio non si spaventa. Ha in testa i principi chiari: «Bisogna giocare, avere minuti nelle gambe per essere qui, è fondamentale: Jorginho e Verratti sono fermi e non li ho chiamati, così come Scamacca». Chiaro, come sempre. Porte sempre aperte, ma per ora no. Il problema della Nazionale è sui famosi convocabili, sempre pochi, un guaio condiviso da tutti i ct.

 

 

Il Napoli e la clausola

Anche lui, come Mancini, andrà a prendere i giocatori da ogni parte del mondo, magari uno, dieci Retegui. «Eredito una buona Nazionale, Mancini ha fatto un buon lavoro e ha vinto. Ora bisogna cancellare l’amarezza di non essere andati al Mondiale. Non dobbiamo pensare di far parte di un calcio minore. La situazione con il Napoli? La clausola non mi farà recedere dalla decisione presa: gli avvocati stanno lavorando, spero si possa chiudere il tutto con soddisfazione delle parti». 

 

 

Gravina: ««Nuovo capitolo»

A lanciare il nuovo incaricato ct, il presidente Gravina, che non nomina mai Mancini ma la situazione, che non è stata facilmente digeribile. «Comincia un nuovo capitolo della storia azzurra. Abbiamo affrontato una crisi imprevista, senza precedenti per alcune modalità. L’abbiamo affrontata con stile e con il silenzio. Abbiamo messo al primo posto la passione degli italiani, senza anteporre a certi valori i nostri individualismi, senza esternare la rabbia. E’ rimasta la delusione. Abbiamo solo puntato ad aprire un nuovo capitolo. Perché Spalletti? Sul piano tecnico, parla la sua storia: chiara, nota. Mi ha colpito il lato umano e su questo abbiamo investito. Luciano è una persona che dedica la sua capacità sentimentale al sacrificio totale a tutto ciò che ama: la sua famiglia, le persone a cui è legato, la sua terra e poi il calcio. L’identità è la sua cifra distintiva. Mi ha detto subito: non perdiamo tempo, io voglio allenare la Nazionale. Gli italiani hanno un grande allenatore e una grande persona. Cominceremo a raccontare una nuova storia».

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Il Gazzettino