Pichot si dimette da World Rugby: bocciata la sua rivoluzione dei mondi

Augustin Pichot, a sinistra, e Bill Beaumont prima sodali e poi avversari a World Rugby
DUBLINO - L'aveva promesso ed è stato di parola. Cosa rara in politica, anche quella sportva. Augustin Pichot, dopo 12 anni di cui 4 da vice presidente, lascia World...

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DUBLINO - L'aveva promesso ed è stato di parola. Cosa rara in politica, anche quella sportva. Augustin Pichot, dopo 12 anni di cui 4 da vice presidente, lascia World Rugby, la federazione mondiale. Rinuncia al posto nel consiglio come rappresentante di Sudamerica Rugby. In quel consiglio dove per l'Italia continuano a sedere, la prima riunione si è tenuta martedì, il presidente della Federazione italiana rugby (Fir) Alfredo Gavazzi, il vice Nino Saccà e la consigliera Susanna Vecchi (quote rosa).


L'annuncio ufficiale dell'addio di Pichot l'ha fatto la federazione dell'Argentina, di cui in campo è stato capitano e uno dei leader che hanno portato i Pumas allo storico terzo posto nella Coppa del Mondo 2007. "Non concepisco l'idea di occupare una poltrona senza motivo" ha detto l'ex mediano di mischia. Chapeau. Rispetto ai tanti che ci restano incollati e la cui occupazione principale è "portare in giro la cravatta della federazione".

Pichot aveva promesso di andarse, se non avesse vinto, quando ha sfidato l'inglese Bill Beaumont (numero uno in carica)  nella corsa per le elezioni a pesidente World Rugby. L'argentino ha perso di soli 5 voti (28-23) e non potendo realizzare la sua rivoluzione ha salutato tutti.

In cosa consisteva la "rivoluzione dei mondi"? Semplificando, in quattro punti:

1) Cambiare gli equilibri economici fra l'emisfero Nord, dove sono concentrati il potere e la ricchezza, e l'emisfero Sud, le cui nazionali hanno 8 edizioni su 9 di Coppa del mondo;
2) Consentire ai Paesi più poveri economicamente, come Samoa, Tonga e Figi in particolare, di non essere depredati dei propri giocatori;
3) Fare del rugby uno sport più diffuso nel mondo, facendo crescere i Paesi di Tier 2 (fra cui Georgia e Giappone) e facendolo crescere in altre realtà (Brasile, Cina) per uscire dal circolo chiuso del Sei Nazioni e del Championship;
4) Inasprire le regole sull'equiparazione facendo giocare in nazionale, come principio,  solo rugbisti dei proprio Paese.

Intorno a queste idee Pichot sarebbe riuscito a coalizzare le grandi del Sud, Argentina, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica (3 voti a testa); le federazioni continentali di Sud America, Asia, Oceania (2 voti a testa); Uruguay, Georgia, Romania, Usa e uno dei 2 voti del Nord America, che li avrebbe salomonicamente divisi. Ma non è stato sufficiente. Sarebbe bastato che i 2 voti del Giappone e quello delle Figi fossero andati a lui, invece che a Beaumont, e il risultato si sarebbe capovolto. Non è succeso e Pichot esce di scena.


Tre voti sono anche quelli dati all'Italia a Beaumont, coerentemente con le altre federazioni del Sei Nazioni, per difendere l'egemonia dell'emisfero Nord e rispingere la "rivoluzione dei mondi". Tre voti risultati anch'essi decisivi. Per i quali la Fir vanta ora un importane credito con i padroni del rugby mondiale. Riuscirà a riscuoterlo? Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino