«È tempo che l'Italia venga buttata fuori dal Sei Nazioni. A beneficio della reputazione del torneo e, paradossalmente, dell'Italia». Comincia...
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«In 20 stagioni più un'altra tronca - scrive il 'Times' - l'Italia ha ottenuto 12 vittorie in 103 partite, a una media di una ogni quasi nove match. Inoltre l'Italia quest'anno non è stata capace di segnare un singolo punto contro Galles e Scozia, perdendo 42-0 a Cardiff e 17-0 a Roma: è un chiaro segnale che il torneo ha bisogno di un sostanziale ribaltone».
Viene poi ricordato che l'unica altra nazionale ad aver ottenuto il privilegio di sfidare i team britannici e irlandese è stata la Francia: «entrarono nel 1910 e prima di essere esclusi nel 1931 per l'estrema violenza nel gioco e perché a livello di club pagavano i giocatori, avevano fatto 12 vittorie in 17 edizioni della competizione: la media era quindi di un successo ogni cinque partite, superiore a quella di ora degli italiani. Poi la Francia ha avuto bisogno di tempo, ma a metà degli anni '50 è emersa come potenza, vincendo dei titoli. Ha dovuto attendere il 1968 per fare il Grande Slam, ma ne è valsa la pena. I Bleus hanno aggiunto brio e originalità al gioco del rugby».
La teoria di questo editoriale è che all'Italia simili progressi sembrano preclusi («l'Italia non mostra il minimo segnale che possa diventare la Francia del 21/o secolo»), e quindi farebbe meglio a tornare a misurarsi «in una competizione in cui siano favoriti, e non in una dove vengono sovrastati e battuti pesantemente. Romania e Georgia rappresentano il livello di competitività dei loro standard».
Dopo aver definito «un vecchio clichè», il fatto che sia molto più bello passare un «lungo fine settimana a Roma anziché a Bucarest o a Tbilisi», e auspicato che si torni al Cinque Nazioni, viene ribadito che «espellere gentilmente l'Italia sarebbe un bene per il torneo, per la reputazione dello sport e dell'Italia stessa». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino