Innocenti: "Arbitro georgiano nel 6 Nazioni di rugby, per l'Italia è una garanzia non uno sgarbo"

Il presidente della Federazione rugby Marzio Innocenti, a destra, durante la finale di Rainbow Cup a Treviso
ROMA - «Nessuno sgarbo di World Rugby all’Italia nel debutto di un arbitro georgiano al Sei Nazioni prima di un italiano. Se in passato non fosse stato perso tempo nel...

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ROMA - «Nessuno sgarbo di World Rugby all’Italia nel debutto di un arbitro georgiano al Sei Nazioni prima di un italiano. Se in passato non fosse stato perso tempo nel programma di formazione, insieme a lui oggi probabilmente ci sarebbe anche il nostro Andrea Piardi».

Il presidente della Federazione italiana rugby (Fir) Marzio Innocenti è categorico nel commentare una delle più importanti novità del prossimo torneo Sei Nazioni, che inizierà il 5 febbraio: l’ingresso della Georgia. Non al posto dell’Italia come squadra, uno dei temi di dibattito da anni, ma con Nika Amashukeli. Il 27enne arbitro a cui il 27 febbraio è stata affidata la direzione proprio di Irlanda-Italia. Una doppia beffa. Perché in 23 anni di partecipazione al torneo nessun italiano è mai stato designato per arbitrare una partita. Perché Amashukeli, arbitro di una nazione di tier 2 (secondo livello) come la Georgia, dopo essere stato il primo nel 2021 a dirige il test di una nazionale di tier 1 (Galles-Canada), ora supera i colleghi italiani di tier 1 in un altro storico debutto.

Purtroppo però non è un caso. È il frutto degli errori nella politica arbitrale fatta dalla Fir, a partire dall’aver tolto l’autonomia al settore, subordinandolo a quello tecnico. «Partiamo da un dato di fatto - spiega Innocenti - Amashukeli è un ragazzo di qualità. Il debutto nel Sei Nazioni se l’è meritato al termine di un percorso formativo di tre stagioni. Ha accettato di diventare professionista. World Rugby ha investito su di lui affidandogli un coach irlandese, Dave McHug. Ha avuto scambi con le principali Union. Ha fatto tutti i passaggi necessari, dal Pro 14, alle coppe europee, ai test di vario livello. Ora arriva in cima al percorso. Se ce l’ha fatta un georgiano, ce la può fare un italiano, un giapponese, o qualsiasi altro. Perciò io vedo la designazione come una garanzia, non uno sgarbo. Il discorso vale per gli arbitri come per la Nazionale. Dobbiamo far vedere al mondo e al Sei Nazioni che stiamo migliorando e crescendo davvero come squadra e movimento. Allora i risultati, e i riconoscimenti, arriveranno».

DE SANTIS, DAMASCO, MITREA
La domanda scontata è: perché l’Italia non ci è arrivata prima della Georgia, con i vari De Santis, Damasco, Mitrea? Visto che da 23 anni, a differenza della Georgia, siede al banchetto del Sei Nazioni?
«Perché i nostri arbitri hanno scelto di non diventare professionisti al 100%. Perché il board di Wr non aveva fiducia nel nostro percorso formativo. Perché con gli ultimi direttori di gara, Piardi e Gianluca Necchi, abbiamo perso tempo. Tre anni fa non abbiamo fatto quello che ha fatto Amashukeli. Ora insieme alla nuova struttura arbitrale federale, composta da Mitrea, Giacomel, Dordolo e dal resto del consiglio del Cnar, stiamo provando a recuperare il tempo perduto.


L’irlandese Alain Rolland è tornato a fare da coach ai nostri migliori direttori di gara. Fino al 2021 World Rugby aveva detto che di arbitri italiani nel Sei Nazioni non se ne sarebbe parlato. Ora possiamo riprovarci. Nel gruppo degli emergenti c’è anche Clara Munarini, designata per il Sei Nazioni under 20 e che spero riesca ad andare al Mondiale femminile di settembre. Perché il primo arbitro italiano nel Sei Nazioni non potrebbe essere una donna?».
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Il Gazzettino