Innocenti e la storica impresa con l'Australia: "Italrugby stile Rocky Balboa"

Gli azzurri del rugby a Firenze festeggiano la prima storica vittoria contro l'Australia
  ROVIGO - Il presidente federale Marzio Innocenti l’aveva previsto al Pedrocchi di Padova, presentando le Autumn Series: «Obiettivo due vittorie». Ci...

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ROVIGO - Il presidente federale Marzio Innocenti l’aveva previsto al Pedrocchi di Padova, presentando le Autumn Series: «Obiettivo due vittorie». Ci voleva coraggio e fiducia a farlo dopo la “fatal Batumi”. Invece a 4 mesi dalla disfatta 28-19 in Georgia l’obiettivo è raggiunto. Travolta Samoa (49-17) e prima storica vittoria con l’Australia (28-27). Il miglior autunno azzurro di sempre; 5 successi nelle ultime 6 partite, a un passo dal record del 1968-69, un’altra era.

Da cosa nasceva la fiducia?
«Dalla valutazione delle rivali. Samoa ha grandi individualità, ma gioca poco insieme. Alla prima partita di un tour ha sempre difficoltà di squadra (infatti alla seconda ha vinto in Georgia 20-19, ridimensionandola, ndr)».

E l’Australia?
«È una squadra in piena costruzione. Nel Quattro Nazioni ha avuto prestazione alterne. In Argentina è stata poco consistente. Veniva in Europa con 33 giocatori per 5 partite, la nostra fra quelle contro Francia e Irlanda. Logico il turn over. Con gli undici cambi fatti si è trovata quasi nella stessa situazione delle Samoa».

Da oggi anche le big non faranno più undici cambi con l’Italia?
«Si metteranno qualche punto di domanda in più prima di farli».

Perciò che Sudafrica ci troveremo davanti sabato a Genova?
«Ha giocato una partita violenta in Francia. Ha problemi di infortuni, stanchezza e squalifiche, ma a questo punto mi aspetto metta la formazione migliore».

Vietato pensare al triplete?
«Con gli Springboks è anzitutto una questione fisica. Se riesci a resistere al loro impatto non hanno un piano B e soffrono le squadre che muovono palla come l’Italia. Quindi, se resisteremo fisicamente, perché no?».

L’obiettivo dell’autunno comunque è già raggiunto.
«Sì, abbiamo visto un’Italia consistente per due partite di fila. Se succederà anche alla terza vuol dire che, forse, consistenti lo stiamo diventando davvero. E in futuro non arriveremo all’80’ appesi al calcio sbagliato di Donaldson, ma a risultato acquisito».

Cos’è successo in quattro mesi per passare da Batumi alla prima vittoria con i Wallabies?
«Batumi, appunto. I ragazzi hanno toccato con mano che senza applicazione maniacale e giusta attitudine nessuno ti regala niente e perdi anche dalla Georgia. Quella sconfitta farà male ancora per molto, ma è stata un passaggio fondamentale di crescita».

Il pericolo ora?
«Passare dalla fustigazione continua (l’Italia non merita il Sei Nazioni, Varney non vale nulla, eccetera) alla glorificazione eccessiva. Ci faremmo del male da soli. Noi in questo rugby non siamo il Gladiatore, come ci raccontavamo un tempo, ma Rocky Balboa nel primo film. Degli outsider. Come tali dobbiamo comportarci».

Tre momenti con i Wallabies rimasti negli occhi?
«Una controruck in difesa dove abbiamo recuperato il possesso. Il placcaggio salva-meta di Ioane lungo la linea di touche. Le accelerazioni di Capuozzo, sulla seconda meta, e di Lucchesi, per portare via la palla dalla zona difensiva. Azioni da giocatori di livello mondiale. Gli All Balcks ne hanno 15 in squadra, ora ne abbiamo qualcuno anche noi».

Una dedica speciale?


«Ai rugbisti azzurri che in passato hanno sfiorato la vittoria con l’Australia. Il calcio di Donaldoson ha reso loro giustizia.
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Il Gazzettino