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Niente droga e alcol, ma psicofarmaci. Le nuove analisi realizzate dagli esperti della polizia scientifica argentina sul sangue e sulle urine di Diego Armando Maradona, morto il 25 novembre scorso, hanno escluso la presenza di alcol o stupefacenti, ma hanno evidenziato invece importanti tracce di psicofarmaci. Lo scrive oggi l'agenzia di stampa Telam.
L'agenzia precisa che i farmaci rilevati durante l'esame tossicologico sono «venlafaxina, quetiapina, levetiracetam e naltrexone», e che alcuni di questi, secondo gli esperti, sarebbero «aritmogeni», ossia capaci di produrre aritmie.
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Le indagini
La magistratura argentina dovrà quindi verificare se quei farmaci fossero adatti a un paziente con una malattia cardiaca cronica come quella di cui soffriva Maradona. A prima vista, ha dichiarato un membro del team di investigatori che lavorano nell'inchiesta aperta dopo il decesso di Maradona, «è sorprendente che gi siano stati somministrati farmaci psicotropi e nessuno legato alla sua malattia cardiaca». Fonti mediche hanno peraltro spiegato a Télam che la venlafaxina è un farmaco antidepressivo per trattare i disturbi d'ansia; la quetiapina è un antispicotico per la depressione grave e alcune dipendenze; il levetiracetam è un farmaco antiepilettico che agisce sul sistema nervoso centrale e può causare sonnolenza e una ridotta capacità di reazione. Infine il naltrexone blocca l'effetto dei farmaci oppioidi ed è usato per prevenire l'astinenza da alcol.
Gli avvocati
«La morte di Diego Armando Maradona appare sempre più legata a cure sbagliate e ad omissioni di assistenza: le autorità devono identificare le persone che erano in sua compagnia e indagare». A chiederlo, agli organismi inquirenti sia dell'Argentina e anche di altri paesi in cui campione argentino ha vissuto, sono gli avvocati napoletani Angelo e Sergio Pisani che ritengono fondamentale «identificare chi non ha evitato tale morte e chi girava quei video autolesionisti, in cui, addirittura, si scaglia anche contro le figlie». Per i due avvocati solo le stesse persone che «organizzavano e gestivano il suo patrimonio». «Per quale scopo, economico o comunicativo, - si domandano gli avvocati - quelle persone facevano diventare virali i videomessaggi sui social. Erano in possesso delle necessarie autorizzazioni, del consenso del Pibe de oro - continuano - previsti tassativamente dalla legge soprattutto alla luce delle palesi ed evidenti gravi condizioni di salute psicofisica in cui si trovava Maradona?».
In sostanza, continuano gli avvocati, «è possibile la circonvenzione di incapace. Maradona - secondo i due legali - non era in grado di comprendere il ritorno negativo e i danni della pubblicazione dei video». Angelo e Sergio Pisani chiedono che vengano «accertati e valutati eventuali interessi e guadagni sul numero di visualizzazioni dei video virali e/o gli scopi e gli obiettivi di coloro che hanno diffuso quelle immagini in violazione alla privacy, diffuse in danno di Maradona».
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Il Gazzettino