Tifoso Roma ammette: «Non sono malato terminale. Per ora non andrò in Svizzera, ma penso al fine vita»

Nei giorni scorsi il supporter giallorosso aveva comunicato il suo ultimo desiderio: vedere la squadra vincere la finale di Europa League prima di morire

Tifoso Roma ammette: «Non sono malato terminale. Per ora non andró in Svizzera, ma penso al fine vita»
«Viviamo in una società in cui se stai male devi piangere e piangerti addosso. Se agli altri appari come uno che ride, che scherza, allora non può essere vero...

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«Viviamo in una società in cui se stai male devi piangere e piangerti addosso. Se agli altri appari come uno che ride, che scherza, allora non può essere vero che soffri. Se uno sbaglio l'ho fatto è che ho definito 'terminalè la mia malattia, anche se poi mi sono corretto, per fortuna. La mia non è una malattia terminale ma comunque è cronica e incurabile. Ci convivo da anni e ho iniziato una cura sperimentale che mi costringe ad andare fuori Italia. Però in Svizzera al momento non vado...». A parlare all'Adnkronos è Edoardo, il tifoso della Roma al centro delle cronache per una struggente telefonata a Tele radio stereo, nella quale chiedeva alla sua squadra di vincere la finale dell'Europa League il 22 maggio a Dublino, spiegando di aver già preso accordi per il suicidio assistito con una clinica in Svizzera.

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Una notizia, che, come ha svelato l'Adnkronos, in realtà non corrisponde al vero. «Il fine vita? È un pensiero per me estremamente rilassante, per questo l'ho citato. Io tengo duro per i miei affetti, per mia moglie, ma con questa malattia cronica che mi distrugge la vita quotidiana, con il medico che mi ha sempre assistito e operato e mi ha detto che non c'è nulla da fare... ecco, viene da pensarci».  Per Edoardo «la riservatezza è una dote essenziale».

«Quello che ho - racconta - lo sanno i miei genitori, due dei miei amici più cari e mia moglie, che perfino l'anno scorso, quando ci siamo sposati, mi ha curato amorevolmente al bagno all'oscuro degli invitati, naturalmente ignari di tutto. Quella telefonata alla radio, che mai avrei pensato avrebbe suscitato tanto scalpore, l'ho fatta perché mi faceva ridere che, pur in una situazione dolorosissima, il mio pensiero fosse sempre alla Roma, come pure oggi. Io scherzo sempre, la leggerezza mi aiuta. Per questo tanti amici che hanno sentito il mio intervento in diretta alla radio mi hanno preso per pazzo, riconoscendo la mia voce. Mi hanno chiamato in tanti, increduli di cosa nascondo».

 

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Il Gazzettino