Djokovic, quando i riflettori si accendono fuori dal campo

Tra i suoi incredibili record tennistici, Novak Djokovic nel 2020 è riuscito a inserirne uno meno statistico e più concettuale. Quello di essere sempre sotto i...

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Tra i suoi incredibili record tennistici, Novak Djokovic nel 2020 è riuscito a inserirne uno meno statistico e più concettuale. Quello di essere sempre sotto i riflettori per questioni extracampo. E la pallata alla giudice di linea che gli è costata la squalifica dagli Us Open è soltanto l’ultimo atto. Pronti? Via. Si comincia in pieno lockdown quando il serbo, attivissimo su Instagram come molti big dello sport, durante una diretta con il guru degli integratori alimentari Chervin Jafarieh, si lascia andare a una serie di esternazioni con pretese mediche ma senza alcun fondamento scientifico, culminate con l’agghiacciante commento dell’amico: «Vivere in questa pandemia è eccitante». Poi si inizia a parlare della riapertura e Nole tira fuori le sue idee no-vax, affermando di non essere disposto a vaccinarsi, nemmeno se questa fosse la condizione imprescindibile per tornare all’agonismo. In attesa dell’agonismo, comunque, arriva la riapertura e Djokovic pensa bene di organizzare un torneo esibizione, l’Adria Tour, a porte aperte e senza alcuna delle restrizioni previste dai protocolli anti-Covid. Morale della favola: nasce un focolaio che contagia una serie di tennisti impegnati nel torneo oltre allo stesso campione serbo, a sua moglie incinta Jelena e al suo allenatore Goran Ivanisevic. Poi torna pure l’agonismo e, appena partiti gli Us Open, il numero uno Atp annuncia la creazione di un’associazione di giocatori - la cui mission ancora è da verificare sul campo - che comunque fa storcere il naso agli altri due Fab Three, Federer e Nadal, che criticano pubblicamente. Fino all’incredibile ingenuità durante il match con Carreno Busta.


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SENZA MEZZE MISURE

«D’ora in poi in campo sarà sempre visto come il cattivo», ha sentenziato John McEnroe, un’autorità del settore. E sarebbe un peccato, oltre che un errore madornale. Perché Djokovic è comunque l’uomo - prima che il tennista - che ha donato un milione di euro agli ospedali di Bergamo, in prima linea contro il Coronavirus, o che - sempre durante il lockdown - ha chiamato a raccolta i colleghi per aiutare i tennisti che sgomitano nelle retrovie della classifica mondiale, messi in ginocchio dall’assenza di tornei. Ha chiesto scusa, Nole, ma non basterà: il gesto di Flushing Meadows incrinerà ancor più il suo rapporto con quella parte di pubblico che ama l’eleganza di Federer o l’educata brutalità di Nadal. Qualche simpatia, invece, se la sarà creata tra i colleghi ancora in gara: nessuno di loro ha mai trionfato a New York né in un torneo dello Slam e il record immacolato di Djokovic nel 2020 - 26 vittorie su 26 - lasciava poco spazio ai sogni di gloria altrui. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino