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Liberté, Égalité e Gendarmerie. Il calcio francese è campione del mondo in carica tra gli uomini, è tra i migliori anche con le donne (il Lione ha vinto 6 delle ultime 7 Champions League), e al tempo stesso, ormai da anni, è circondato da un gran tintinnar di manette, da scandali di ogni tipo, rivelando un sottobosco di perfidie e brutalità da far accapponare la pelle, per tacere della contiguità con la criminalità comune che emerge quasi da ogni storia. Che ambientino, ragazzi. Anzi, ragazze. L'ultima follia riguarda infatti il Paris St. Germain femminile, con l'arresto di Aminata Diallo, centrocampista di 27 anni, accusata di essere stata la mandante dell'aggressione a una sua compagna di squadra e pariruolo, Kheira Hamraoui, 32 anni: la giocatrice era stata presa a sprangate sulle gambe da due uomini incappucciati lo scorso novembre, poco dopo essere stata accompagnata a casa proprio dalla Diallo.
La conseguenza immediata della vicenda fu la diffusione della notizia che la Hamraoui stava intrattenendo una relazione con l'ex calciatore Eric Abidal, sposato con prole, e si disse che l'aggressione alla giocatrice potesse essere stata originata da torbide vendette di mogli tradite. Invece la rivelazione del tradimento è solo costato ad Abidal il divorzio, mentre i veri colpevoli, gli esecutori materiali, sono stati arrestati pochi giorni fa, e subito dopo anche la Diallo, come mandante. Pare che abbia assoldato gli aggressori per 500 euro con l'obiettivo di azzoppare la rivale: la considerava un ostacolo alla sua carriera, perché giocano nello stesso ruolo e la Diallo, col contratto in scadenza, temeva di non essere confermata dal club. Gli inquirenti sono arrivati a definire quello della Diallo un «vero odio» per la Hamraoui, descrivendo hitchcockianamente la sua «lenta deriva psicologica divenuta patologica» nei mesi prima dell'aggressione. Una storia molto simile nella sostanza a quella di Tonya Harding, la pattinatrice americana che nel 1994 fece aggredire, anche lì con manganellate alle ginocchia, la rivale Nancy Kerrigan.
LE MOLESTIE
Ma sono giorni terribili per molti, nel calcio francese.
UNA POLVERIERA
Erano gli anni in cui la nazionale francese era un'autentica polveriera, con tanto di ammutinamento dei giocatori al Mondiale in Sudafrica contro l'allenatore Domenech. Ma pare sia una Santa Barbara anche adesso, col ct Deschamps che fatica a governare le lotte fra clan nello spogliatoio, tra odii incrociati e fierissimi. Qualcosa emerge pure all'esterno: nell'Europeo dello scorso anno fu celebre una litigata feroce in tribuna tra la mamma di Rabiot e il clan di Pogba, gli uni a rinfacciare agli altri l'inadeguatezza del rispettivo pargolo. Storiacce anche queste, sicuramente figlie di una difficile coesistenza, in nazionale, tra giocatori di diverse estrazioni ed etnie. Un vecchio problema che ogni tanto riemerge, carsicamente, nella Francia che pure, nella vittorie, si mostra come esempio di integrazione. Del resto, tanto per rimanere nella nazionale, dieci anni fa il ct Laurent Blanc (nomen omen, vista la vicenda) fu accusato di aver approvato una ripartizione in quote della presenza di giocatori non bianchi in maglia Bleus, per l'esattezza intorno al 30%. Ne scaturirono feroci polemiche, con richieste di dimissioni. Che non arrivarono. Poi Blanc cadde sul campo, col deludente Europeo del 2012, e passò la mano. Altri, dopo di lui, avrebbero continuato a scottarsela, nel simpatico mondo della nazionale francese.
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