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Sono due mutazioni della variante indiana del Covid le sorvegliate speciali in questo momento. Molti laboratori, anche in Italia, le stanno studiando, ricostruendone la struttura 3D, mentre altri ottengono le sequenze e le confrontano. A destare tutto questo interesse è il sospetto che, alla luce del dilagare dell'infezione in India, la colpevole della rapidissima diffusione del virus sia proprio questa variante. Ci si chiede anche se non abbia abbastanza forza per soppiantare quella inglese che, attualmente, è la più diffusa. «Stiamo studiando la struttura 3D delle due mutazioni per vedere se sono connesse e se l'una aiuti l'altra», ha detto Massimo Ciccozzi, direttore del laboratorio di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell'Università Campus Bio-medico di Roma. La variante che si sta studiando si chiama B.1.617 ed è comparsa in India nell'ottobre 2020 con la variante B.1.618, che sembrerebbe meno aggressiva. Le mutazioni che si stanno studiando sono la E 484 Q, presente nelle varianti brasiliana (P.1) e sudafricana (B.1.351.V2), e la L 452 R, descritta nella variante californiana (B.1.429). Della prima si sa che «è in grado di sfuggire agli anticorpi, sia a quelli prodotti dal vaccino, sia a quelli generati da chi è guarito e si sospetta che l'associazione con la L 452 R potrebbe potenziarne l'effetto», osserva il virologo Francesco Broccolo, dell'Università di Milano Bicocca.
Variante indiana, pericolosità e resistenza ai vaccini: tutto quello che sanno gli scienziati
La variante B.1.617 è stata segnalata finora in una ventina di Paesi; due i casi accertati in Italia. «Al momento non sappiamo quale sia la variante indiana identificata in Italia: sarà noto solo quando sarà completato il sequenziamento in corso», ha detto Ciccozzi.
Il Gazzettino