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«I nomi che girano ormai sono talmente tanti che qualcuno forse si ritrova ministro davvero». Si nascondono dietro l’ironia i vertici di Fratelli d’Italia. Il voto del silenzio imposto da Giorgia Meloni all’indomani della vittoria alle urne non sembra vacillare. «Siamo tutti concentrati su un obbiettivo, quello di dare a questa nazione un Governo che offra le risposte migliori» si è infatti limitata a dire ieri la leader.
Eppure tra smentite e mezze conferme il tourbillon di papabili per questa o quella poltrona continua senza sosta, proprio mentre qualche certezza sulla composizione del nuovo governo inizia a consolidarsi. I tecnici ad esempio ci saranno anche se, come assicura il cofondatore di FdI Ignazio La Russa, «non saranno in maniera preponderante».
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I PRESIDENTI
E non a caso, con buona pace di Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, specie sui ministeri più importanti (Interno, Esteri, Difesa, Giustizia ed Economia) Meloni ha in mente di giocare a carte coperte fino all’ultimo. Idem per quanto riguarda i presidenti di Camera e Senato, per cui i nomi che legittimamente circolano da giorni (Fabio Rampelli, Riccardo Molinari e Antonio Tajani per Montecitorio, e Ignazio La Russa, Roberto Calderoli per palazzo Madama) per quanto non siano ancora oggetto di trattative, rischiano già di creare tensioni nei partiti. Ieri infatti, per quanto dal Consiglio federale della Lega sia emerso un mandato piuttosto chiaro su Molinari e Calderoli, molte voci autorevoli del Carroccio accreditavano una terza possibilità: Giancarlo Giorgetti. L’attuale ministro dello Sviluppo economico considerato in rotta con Salvini pur avendolo definito «candidato naturale per il Viminale», è infatti apprezzato da Meloni e - secondo i rumors - potrebbe facilmente ottenere i voti necessari a guidare Montecitorio. E così la dichiarazione resa all’uscita dal vertice assumerebbe tutt’altra consistenza: «Molinari presidente? Se ce lo votano».
Il piano inclinato che porterà al nuovo esecutivo, in pratica, è talmente zeppo di incastri e vicoli ciechi che è difficile orientarsi.
IL CAVALIERE
Per quanto riguarda il Cavaliere invece i tempi potrebbero allungarsi ancora. Silvio Berlusconi ha intenzione di trattare in prima persona ogni casella e, a quanto trapela, potrebbe farlo all’inizio della prossima settimana, quando sta programmando un viaggio a Roma (qualche giorno prima dell’insediamento delle Camere, il 13). I nomi caldi sono sempre gli stessi: in primis Antonio Tajani (“buono” come vicepremier, capodelegazione, o ministro di Esteri, Difesa o Affari Ue), poi Anna Maria Bernini, Alessandro Cattaneo e, soprattutto, Licia Ronzulli. Proprio attorno a quest’ultima infatti si sarebbero condensate delle nubi. I boatos su una sua richiesta di Salute e Istruzione si sono infatti scontrati con il gelo di FdI. Per quelle caselle restano in corsa il presidente della Croce Rossa internazionale Francesco Rocca e uno dei “tecnici” leghisti. Per Ronzulli potrebbero aprirsi le porte della Famiglia se non fosse che starebbero crescendo le quotazioni delle meloniane Lavinia Mennuni e Maria Teresa Bellucci. Se all’Interno il nome forte è sempre quello del prefetto di Roma Matteo Piantedosi e se alla Transizione ecologica si sperava nell’unica conferma con Roberto Cingolani (che però ieri avrebbe declinato durante il colloquio con Meloni), la partita è particolarmente calda sugli Esteri. Accanto alla numero uno dei servizi Elisabetta Belloni e al coordinatore azzurro Tajani, circola il nome del presidente Ispi Giampiero Massolo. L’Economia vede sempre in pole i supertecnici Panetta e Siniscalco (con la “new entry” Scannapieco), per il Sud invece oltre all’ex governatore siciliano di FdI Nello Musumeci rispunta il nome del fedelissimo meloniano Raffaele Fitto, spesso considerato in corsa per gli Affari Ue.
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