OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
ROMA Giuseppe Conte ormai ci ha preso gusto nell’interpretare la parte del guastafeste. O almeno nel non fare sconti, mai, al Pd e alla sua leader Elly Schlein. Il caso Bari - chi candidare a sindaco della capitale pugliese per non lasciarla dopo vent’anni alla destra? - sta diventando ogni giorno più emblematico della strategia del leader stellato per sfiancare i dem nella speranza di superarli nel voto europeo e di posizionarsi come candidato premier del campo largo alle prossime Politiche nel 2027. Insomma, prima Conte dice in un’intervista che il professore Nicola Colaianni - quello che poteva essere il nome unitario e gradito a Schlein, a Emiliano, a Vendola, a Decaro come candidato sindaco a Bari - è troppo anziano per guidare una grande città e poi, ieri, stronca l’ipotesi Colaianni dicendo che vuole insistere sul candidato stellato e non puntare su una figura in condominio con i propri alleati-rivali (più la seconda che la prima che hai detto). «Non abbiamo ragione - queste le parole di Conte - per accantonare la candidatura di Michele Laforgia a sindaco di Bari, ma vedremo quello che succederà nelle prossime ore».
E ancora: «Abbiamo una sfida importante per il governo della città.
Come andrà a finire questa ennesima sfida più nazionale che locale tra Giuseppe e Elly la quale ha in pista Vito Leccese ma lui è pronto a desistere e lei a ritirarlo se si trova miracolosamente l’accordo con M5S? Per ora, Conte s’impunta e resiste sul proprio candidato Laforgia e la destra, che non ha mai toccato palla a Bari negli ultimi decenni, si sta gustando la rissa e pregusta la possibilità di vincere con il proprio candidato appena scelto: un leghista-progressista, 36enne, stimato in città e con appeal trasversale, Fabio Romito. Con lui sono già in squadra due nomi pesanti e radicati nel tessuto cittadino - il viceministro della Giustizia, l’azzurro Francesco Paolo Sisto, e il senatore di FdI e decano della destra a Bari, Filippo Melchiorre - e si parla calcisticamente di «tridente». Si sta anche pensando, ma bisognerà vedere le rispettive agende, a far scendere a Bari il terzetto formato da Meloni, Salvini e Tajani, per tirare la volata a Romito e piazzare il colpaccio: strappare il Comune alla sinistra.
LA MANOVRA
Intanto Conte usa il caso Bari per ergere il suo partito a simbolo della moralità contro le «opacità» del sistema vigente in Puglia su cui si stanno infittendo le inchieste della magistratura e sono fioccati arresti. L’opa stellata sui dem su questo si fonda: noi siamo i puri e voi no. Perciò - nonostante il personaggio Colaianni sia perfetto per piacere a M5S perché simbolo della lotta all’illegalità - Conte rifiuta di rinunciare al proprio candidato per convergere su un nome comune. Vuole marcare la differenza, anzi - quasi berlinguerianamente, il che fa un po’ sorridere - la «diversità» morale rispetto al partito lontano erede del Pci.
E così, mentre a destra c’è il candidato forte, a sinistra c’è il traffico per ora ingestibile di tre candidati o mezzi candidati: Laforgia per M5S, Leccese per il Pd e Colaianni proposto da Vendola e potenzialmente gradito in maniera ampia ma anche no perchér
Conte punta i piedi. «Lavorare insieme non significa abbassare l'asticella su principi e valori che dovrebbero essere condivisi anche nel Pd»: questo il mantra di Giuseppe. Il quale, da avvocato trattativista, sta alzando la voce sui valori e sui principi anche per ottenere forse qualcosa di molto pratico: qualche assessore in più nella nuova giunta regionale di Emiliano.
Leggi l'articolo completo suIl Gazzettino