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Mario Draghi è atteso alla prova del Parlamento. Il premier giovedì, prima al Senato e poi alla Camera, spiegherà la strategia del governo sulla guerra in Ucraina. Ribadirà che l'Italia, al pari degli alleati occidentali, è al fianco di Kiev per evitare che l'aggressione della Russia abbia successo. E per scongiurare che, dopo l'Ucraina, Vladimir Putin prenda di mira altri Paesi, come la Moldavia. Dunque, avanti con le sanzioni contro Mosca e avanti con la fornitura di armi richieste dal presidente Zelenky.
Ucraina, tutte le armi inviate dall'Italia: mortai, cannoni e sistemi radar ultrasofisticati
Draghi alla prova del Parlamento
In più, il presidente del Consiglio illustrerà l'andamento del conflitto dove, come ha detto a Washington, non ci sono più un "Golia" e un "Davide", dato che la campagna militare russa sta arrancando. E l'apparato militare di Mosca si è indebolito. Allo stesso tempo Draghi spiegherà la strategia diplomatica: subito il cessate il fuoco e negoziati per una pace duratura. Pace i cui termini dovranno essere fissati da Kiev e non imposti.
5STELLE E LEGA ALLINEATI
In questa partita Giuseppe Conte e Matteo Salvini, rispolverando la sintonia coltivata ai tempi del governo giallo-verde, sono su posizioni pressoché identiche.
L'ALTRO PASSAGGIO
Diverso il discorso per ciò che accadrà alla fine del mese. Questa volta, alla vigilia del Consiglio europeo straordinario del 30 e 31 maggio, Draghi dovrà svolgere delle comunicazioni. E in questo caso è prevista una votazione. E' qui che i 5Stelle e la Lega potrebbero andare all'assalto della strategia seguita fin qui dal premier che, se dovesse essere sconfessato, potrebbe decidere di dimettersi e aprire la crisi.
CRISI IMPROBABILE SE NON IMPOSSIBILE
Questa eventualità è però esclusa da diverse fonti di governo. Per una ragione semplicissima: finché resterà Draghi a palazzo Chigi, il posizionamento dell'Italia sul conflitto ucraino è in qualche modo blindato. Se invece si dovesse andare a elezioni (c'è chi parla di autunno), potrebbe affermarsi nelle urne un fronte meno legato ai rapporti Transatlantici e più vicino a Mosca. Eventualità che tutti, a partire dal Quirinale, vogliono scongiurare. Tanto più che sulla strada dell'eventuale rottura, Conte è frenato dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio e dai gruppi parlamentari grillini che non vogliono andare al voto per non perdere anzitempo poltrona e stipendio. E anche Salvini ha tutt'altro che le mani libere: l'ala governista incarnata da Giancarlo Giorgetti e dai governatori regionali non ha intenzione di far precipitare il Paese in una crisi in pieno conflitto.
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Il Gazzettino