ATENE - «Mollo e me ne vado in America. Dove farò un sacco di soldi». Yanis Varoufakis, il ministro calvo e sexy, la super star della tragedia greca in sembianze da duro alla...
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Lui un po' è Yanis il duro, che si esalta nel crearsi nemici, e un po' è Alice nel paese delle meraviglie. Da cinque mesi i greci si chiedono: è un profeta o un pazzo? Gli amici che lo conoscono bene non si stupiscono delle sue performance da ministro e dicono: non ne azzecca una. «Mai chiuderemo le banche», aveva detto l'altro giorno, alla vigilia della chiusura delle banche decisa dal governo di cui fa parte. E prima ancora: «Se si fa il referendum sull'accordo con i creditori, sarà la fine». Poi il referendum è stato deciso e lui ne è uno degli sponsor più convinti. Osannato all'inizio della rivoluzione come fosse uno dei Beatles, all'inizio dell'involuzione di Varoufakis molti sono portati a dire: tanto fumo e poco arrosto. Petros Markaris, il Camilleri greco, lo ha definito un «fanfarone». Quando ha detto che il 5 giugno la Grecia avrebbe pagato i debiti con il Fmi, il suo governo lo ha smentito. Ma il narcisismo è la sua corazza ed è cosi narcisista Varoufakis che all'interno di questa sua forza-debolezza sembra non rendersi conto che il popolo è in ostaggio di un referendum che è il frutto di un integralismo che colleghi di governo più realistici e di scuola, come Dragasakis, stanno soffrendo. Varoufakis aveva detto a Tsipras che, se fosse stato estromesso dai negoziati con l'Europa, avrebbe creato un partito suo. Ma ancora non lo ha fatto. Optando per un'altra linea: la Varoufexit. (m.a.)
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Il Gazzettino