Vittorio Parsi La Conferenza di Berlino non rappresenta sicuramente il punto di arrivo della crisi libica, ma non è detto che...
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La Conferenza di Berlino non rappresenta sicuramente il punto di arrivo della crisi libica, ma non è detto che costituisca neppure l'auspicato punto di svolta. Di certo è il massimo che questa divisa e distratta Europa poteva mettere in campo finora, anche sepotrebbe non essere abbastanza. Su questo ha ragione il premier Serraji, il leader del governo riconosciuto dall'Onu e dalla Ue: l'Europa si è mossa disunita e in ritardo, e il vuoto è stato riempito dal protagonismo turco. Ancora una volta si è confermato che, se Parigi e Berlino non si allineano sulla stessa lunghezza d'onda e non sono propositive, l'azione esterna dell'Unione risulta paralizzata, persino quando le crisi divampanoprolungate, gravi e insidiose sull'uscio di casa. La drammaticità cui è giunta la situazione libica attesta altresì che il direttorio franco-tedesco è ormai pericolosamente insufficiente per l'individuazione e la realizzazione di una politica estera e di sicurezza comune. Berlino è stata di fatto ipnotizzata dalla sua relazione, sempre più tormentata e cruciale con Ankara, mentre Parigi ha riversato su tutti i Paesi euromediterranei (Italia in primis) il fallimento delle sue anacronistiche ambizioni egemoniche, già causa della disastrosa guerra del 2011 e rinfocolate dal rapido ridimensionamento del peso e del prestigiofrancesi in Africa centrale, ad opera di Mosca e Pechino.
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Il Gazzettino