Via ai lavori per fermare il degrado dell'Amideria Chiozza

Via ai lavori per fermare il degrado dell'Amideria Chiozza
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OPERE PUBBLICHE
RUDA La vecchia Amideria Chiozza di Ruda sarà restituita alla comunità locale e al territorio, e ne verrà impedito il degrado. Sono infatti stati consegnati i lavori per messa in sicurezza e il ripristino di parte dello stabilimento, in particolare della copertura dell'edificio della vaporeria, che contiene il motore' dello stabilimento tutt'ora perfettamente conservato.

Un bene, che senza tale intervento sarebbe destinato all'inevitabile degrato. L'amideria Chiozza era stato aperta nel 1865, e dismessa ottant'anni dopo. Vi avevano trovato lavoro centinaia di persone, per gran parte di Ruda e dell'area rivierasca. Sorse sui resti di un vecchio mulino, lungo la roggia denominata La Fredda, in località Perteole. Fu fondata dal chimico Luigi Chiozza, e rappresentò uno dei primi esempi di filiera corta: fu realizzata dal fondatore nell'ambito di un progetto che consentì di rivoluzionare il lavoro dei campi, per coniugare l'agricoltura e l'industria, ricavandone un prodotto, derivato dall'amido, ricavato in una prima fase dal frumento, poi dal mais, e dal 1872 dal riso, destinato al commercio. Si trattava, già all'epoca, di uno stabilimento unico nel suo genere, che si fondava sul metodo di lavorazione ideato da Chiozza.
E realizzava un prodotto di qualità, utilizzato anche nell'industria cosmetica, e richiesto in Italia e all'estero. La struttura, con questo intervento e con le somme previste dallo Stato, potrà divenire un bene di grande valore storico e culturale, e rappresentare un elemento fondante della cultura del territorio. L'intervento, rappresenta infatti l'avvio di un percorso che dovrà far divenire il complesso ormai storico un elemento strategico della valorizzazione del territorio. Sarà un punto di riferimento dell'area, e potrà costituire un'occasione e un sito di accoglienza e richiamo per valorizzazione della memoria della cultura del territorio. I lavori che saranno realizzati, rappresentano infatti un primo tassello importante per la messa in sicurezza del complesso.

Un complesso, che lo Stato attraverso i fondi del Cipe e del Ministero dei beni culturali per un ammontare complessivo di 6,6 milioni di euro, concorrerà a recuperare, inserendolo tra i beni del patrimonio di archeologia industriale del Paese.
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Il Gazzettino