VE LO DO IO IL MANCIO

VE LO DO IO IL MANCIO
IL PERSONAGGIOROMA Davanti al gruppo, con Mancio al suo fianco, come sempre, come all'epoca della mitica Samp. Gianluca Vialli porta l'Italia a casa sua. A Londra, dove vive, dove...

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IL PERSONAGGIO
ROMA Davanti al gruppo, con Mancio al suo fianco, come sempre, come all'epoca della mitica Samp. Gianluca Vialli porta l'Italia a casa sua. A Londra, dove vive, dove ha giocato, dove si è formato come uomo, dove ha conosciuto e sposato nel 2003 Cathryn White Cooper, dove sono nate le figlie, Olivia e Sofia. A Londra ci sono i suoi affetti e i suoi dolori, c'è l'incanto del quartiere Chelsea, al quale Vialli è da sempre molto legato, da quando ha lasciato l'Italia per andare a giocare (e a fare l'allenatore, il play manager) nel Chelsea, nell'ormai lontano 1996. Luca oggi è al centro dell'Italia, ne è il capo delegazione. Uomo della Figc, proposto dal presidente Gabriele Gravina con il pieno consenso, e ci mancherebbe, dell'amico allenatore Roby e di tutto il suo staff sampdoriano, da Lombardo a Salsano, da Nuciari a Evani. Luca si cala tra i ragazzi, li accompagna ora dopo ora, in tuta, come loro, basti ricordare la passeggiata di domenica scorsa nel parco di Villa Borghese. Lui davanti al gruppo, con Mancini, in pantaloncini e sempre accesso verso il sole. Luca non è un politico, è uno di loro. Corre, si allena, come loro, ogni mattina, anche per distruggere la noia del ritiro e qualche cattivo pensiero. Parla con loro, li consiglia, li ascolta. Li omaggia: Vialli ha inventato il rito del gagliardetto. Che consiste nel consegnare un ricordo della Nazionale a ogni esordiente, davanti a tutti, anche ai big e ai veterani azzurri. Un gagliardetto con il numero del convocato in questione. Il rito è accompagnato sempre da parole dolci per i ragazzi e per la maglia della Nazionale che lui ha indossato per molti anni (segnando 16 gol in 59 presenze), «una maglia che va vissuta anche a casa, per la storia, per i valori che deve trasmettere a tutti».

IL SORRISO
«Luca è uno che porta positività, ha sempre il sorriso stampato sul viso», raccontano dal ritiro azzurro tutti quelli che gli vivono accanto e lo conoscono bene. Vive nell'ombra, non appare nel suo ruolo istituzionale (anche testimonial di iniziative benefiche), ma di questa Nazionale è un capo carismatico, l'allenatore di teste, il motivatore, il consigliere, il confidente. Non può fare gol, come trent'anni fa, ma a questo dovrà pensare qualcun altro. Non si perde un allenamento, segue i calciatori sul campo. E' un capo delegazione alla Gigi Riva, coinvolto e coinvolgente. Luca è già a Londra, ha giocato d'anticipo: lì aspetta i suoi ragazzi. Da padrone di casa, in quel tempio del calcio che è Wembley, un po' fuori la City, dove Vialli perse la finale di Coppa dei Campioni, con la maglia della Samp, contro il Barcellona di Koeman; quella fu l'ultima delle sue 321 partite in blucerchiato. Poi, gli anni vincenti di Torino e quindi Londra. La sua vita è tra la City e Città del Capo, luogo di nascita della moglie. Lì va spesso per piacere e per affari (si occupa della distribuzione di caffè), coltivati con gli amici Massimo Mauro Franco Baldini e Nik Caricola.
LA SOFFERENZA

Vialli sorride, anche davanti alla ormai nota e raccontata malattia. Ne parla con la solita dignità di un uomo ferito ma non sconfitto. Pronto a combattere, pur sapendo che non dipende da lui. «Il cancro è un compagno di viaggio indesiderato però non posso farci niente. È salito sul treno con me e io devo andare avanti, viaggiare a testa bassa, senza mollare mai, sperando che un giorno questo ospite indesiderato si stanchi e mi lasci vivere serenamente ancora per tanti anni perché ci sono ancora molte cose che voglio fare. La malattia è più forte di me e se la combatti perdi. Io non ci sto facendo una battaglia, perché non credo che sarei in grado di vincerla». La Nazionale è l'ennesima ambizione di un uomo vincente, un altro suo rifugio dell'anima. «Sono qui con i miei difetti, le paure e la voglia di far qualcosa di importante». Sono le parole regalate da Vialli alla vigilia di questa avventura piena, fino a ora, di notti magiche, come nel 90. È l'umanità di un ragazzo che ha sempre il sorriso addosso oltreché l'azzurro. Il 9 luglio, a due giorni dalla finale, compirà 57 anni. Chissà.
Alessandro Angeloni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il Gazzettino