Vasco c'è: «Il rock sono io»

Vasco c'è: «Il rock sono io»
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L'APPUNTAMENTO
Il vecchio leone si prepara sornione a piazzare la sua zampata in quell'arena speciale che sono per lui gli stadi italiani. Vasco Rossi ha appena finito le prove del suo nuovo Vasco Non Stop Live nello studio di Rimini, davanti a un manipolo di fan adoranti. Mentre i tecnici smontano le attrezzature al quartier generale del Rockisland per trasferirle a Lignano Sabbiadoro per l'ultima tranche di prove domenica prossima prima del via ufficiale a Torino l'1 e 2 giugno e poi Padova il 6 e 7 all'Euganeo e via via nel resto d'Italia... lui, il Komandante, si siede e, giocherellando con i suoi occhiali da sole, si racconta.

Si riparte con il Vasco Non stop Live. «Sì, come il Neverending tour di Dylan, con le dovute differenze ovviamente e senza puntare al Nobel». E la prima novità rispetto al passato, oltre a una spinta sempre più decisa verso il metal («il rock si è evoluto nel metal. È una strada che mi viene naturale, anche per rinnovare i pezzi vecchi e non annoiarmi»), sarà l'apertura dei live con Cosa succede in città. Fotografia quanto mai attuale di un Paese che fatica a trovare la sua strada. «È stato istintivo sceglierla, e ora capisco anche il perché? Canto guarda lì, guarda là, che confusione: oggi la confusione si è moltiplicata in modo esponenziale. «Non c'è più religione non ci sono più valori. E poi conta sì, il denaro, soprattutto quando non ne hai. In fondo nelle mie canzoni c'è già scritto tutto, è a spiegare che faccio più casino».
Vasco, però, si smarca dall'immagine di messia, di divinità che il suo pubblico in qualche modo gli attribuisce (c'è chi piange quando riesce a sfioralo per un attimo). «Non c'è più il basso, non c'è più l'alto, diceva Nietzsche. Sono saltati i valori di base: io non sono un profeta (nonostante Facebook abbia catalogato la sua pagina »luogo di culto«), io sono quello che scrive le canzoni, ma non sono le mie canzoni. Loro possono essere perfette, l'uomo è sempre un uomo. Dunque imperfetto. Sono una sorta di strumento, non nella mani di Dio, come si sarebbe detto una volta, ma dell'ispirazione. La musica e le canzoni sono una forma di comunicazione potente: confortano, consolano, commuovono e danno una bella carica per affrontare la vita che non è una canzone».
IL ROCK ITALIANO

A 66 anni, non ha paura di dire «il rock italiano sono io», ma apprezza la nuova scena musicale, dove a farla da padrona è la trap. «La ascolto, ma faccio parte di un'altra epoca. I rapper sono i nuovi cantautori. Scrivono testi provocatori, belli, potenti. E Caparezza su tutti è un genio. In giro vedo molti più talenti adesso di una volta». Anche Sanremo lo ha colpito, con Fabrizio Moro e Ermal Meta su tutti e Ultimo. «Moro scrive molto bene e anche se a me i duetti non piacciono, loro erano convinti e convincenti». A convincerlo poco, invece, è stato Claudio Baglioni: «poteva evitare di farsi cantare le canzoni da tutti i superospiti. Poi si parla di conflitto d'interesse? Mi invitano sempre, ma di sicuro io non le canto le canzoni di Baglioni». E a fare il direttore artistico ha mai pensato? «Certo, però vorrei cantare tutto io e vorrei far cantare agli altri le mie canzoni». Il format già c'è.
R.G.
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Il Gazzettino