Sul caso vaccini fra Roma e Veneto continua il muro contro muro. Ieri le ministre Beatrice Lorenzin (Salute) e Valeria Fedeli (Istruzione) hanno provato a scalfirlo un po',...
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Nella loro lettera Lorenzin e Fedeli hanno chiesto a Zaia l'adozione di «un provvedimento correttivo, anche a tutela dei cittadini della sua Regione e in particolare dei minori che non possono vaccinarsi per motivi di salute e che per tale motivo necessitano della protezione di gregge». Il decreto di Mantoan, che ha formalizzato una moratoria di due anni per i bimbi della fascia 0-6, lamentava un'incongruenza nella legge. Al riguardo le ministre hanno rinviato alla circolare del 1° settembre, la quale con riferimento alla scadenza dell'11 settembre prevede che «il minore non in regola con gli adempimenti vaccinali ed escluso dall'accesso ai servizi rimarrà iscritto ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia» e «sarà nuovamente ammesso ai servizi successivamente alla presentazione della documentazione richiesta». Sulla base di questa delucidazione le esponenti del governo si sono dette certe «dell'assenza di alcun dubbio interpretativo» e hanno sottolineato che qualunque disposizione diversa «potrà ritenersi contra legem».
Una missiva di questo tenore com'è suonata alle orecchie di Zaia? «Interlocutoria e non ultimativa», ha risposto il governatore, aggiungendo però di voler approfondire la questione: «L'ho passata al mio dirigente della Sanità e ai suoi tecnici perché mi diano le proprie osservazioni. Nel giro di 24 ore cercheremo di capire. Non c'è nessuna volontà di politicizzare la partita: rispetto le idee di tutti ma la politica resti fuori». Parole che a Roma potevano sembrare una retromarcia, ma da Palazzo Balbi è stato fatto notare che nemmeno fra le righe si nota traccia dei ricorsi e dei commissariamenti minacciati il giorno prima, sicché sarebbe piuttosto il Veneto a scorgere un mezzo passo indietro da parte del governo. In questo Zaia sarebbe stato confortato dall'audizione di non meglio identificati «illustri giuristi» (verosimilmente i costituzionalisti Luca Antonini e Mario Bertolissi, che giusto ieri erano a Venezia per difendere il referendum sull'autonomia nel ricorso al Tar), i quali avrebbero ribadito che è la legge a contenere il varco per la moratoria.
Per il momento, dunque, il decreto Mantoan resiste alla legge di conversione del decreto Lorenzin-Fedeli, lasciando nell'incertezza sindaci e presidi. Municipi come Treviso, Padova e Rovigo restano sulla linea ministeriale, altri come Chioggia si schierano sulla posizione regionale. Maria Rosa Pavanello, presidente di Anci Veneto, attraverso Antennatre-Rete Veneta lancia un appello all'unità: «Auspico entro un brevissimo termine almeno una linea condivisa a livello provinciale tra Ulss di competenza, ufficio scolastico di zona e relativi Comuni, altrimenti rischiamo di fare atti che non hanno nessun valore. Dobbiamo dare al più presto un po' di chiarezza alle famiglie, i conflitti non fanno bene nessuno, bisogna che dialoghiamo».
A farlo è stata la Lombardia con i ministeri, tanto da decidere di applicare la normativa, come ha spiegato il pur leghista governatore Roberto Maroni: «Abbiamo evitato di fare una nostra delibera che non aveva più alcun significato, dopo la circolare del 1° settembre, e che avrebbe determinato uno scontro istituzionale che non aveva molto senso». Giovanni Tonella, presidente del Pd veneto, insieme agli orlandiani di Dems coglie al volo la differenza: «Viene il dubbio che in Veneto la Lega sia disposta a mettere a repentaglio la salute dei bambini magari per ottenere un po' di visibilità in vista del suo referendum sull'autonomia». E il consigliere regionale Graziano Azzalin rilancia: «Per portare gente alle urne vale tutto, compreso fare battaglie a fianco dei No vax e delle loro pericolosissime bufale».
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Il Gazzettino