Una bella Semiramide che merita il repertorio

Una bella Semiramide che merita il repertorio
LIRICALa Semiramide è un'opera fluviale e incommensurabile. Quattro i personaggi fondamentali: la regina di Babilonia e il diabolico Assur, principe assiro di Belu che hanno...

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LIRICA
La Semiramide è un'opera fluviale e incommensurabile. Quattro i personaggi fondamentali: la regina di Babilonia e il diabolico Assur, principe assiro di Belu che hanno ucciso il re Nino, Arsace, figlio di Semiramide, madre ignara e innamorata di lui, e il Coro - con un ruolo preminente anche dal punto di vista della drammaturgia che trascorre da momenti di estatica religiosità a interventi diretti nell'azione. Un universo compatto da Cherubini al melodramma romantico. Si suole considerare Semiramide un'opera restaurativa, insieme però è anche aperta al futuro. Rossini creò nel 1813 proprio per la Fenice il suo melodramma più vasto e avvincente. Il finale del primo atto, con l'apparizione dell'ombra di Nino non è soltanto il più colossale concertato di Rossini ma anche una anticipazione del Macbeth verdiano: si ha la conferma dell'intuizione critica di Dahlhaus: che il pensiero di Rossini attraversa tutto l'Ottocento melodrammatico italiano. Sorprende la frenesia delle colorature in funzione drammatica. Semiramide costituisce l'estrema punta del belcantismo rossiniano, realizzato alla Fenice da un insieme vocale eccellente.

Jessica Pratt non è forse una Semiramide eroica, ma splende nella lucentezza degli acuti; Teresa Jervolino è oggi probabilmente il nostro miglior contralto rossiniano, capace di sensibili, levigate dolcezze: i duetti delle due prime donne sono stati culmini melodrammatici. Alex Esposito dimostra con grande tensione che le asprezze declamatorie dell'opera anticipano in molti tratti la parola scenica verdiana. L'idea di Rossini soltanto musicista puro e legato al Settecento è superata (Bossini parla nel programma di sala di opera romantica). La regia di Cecilia Ligorio predilige nel primo atto convenzioni melodrammatiche, tra intenti rituali e simbolismi esotici; nel secondo, invece, esplora con originalità il vigoroso demonismo di uno dei memorabili notturni rossiniani. Climi tombali, satrapi insieme a un mago che guida il racconto, incalzano con ossessione il perverso Assur. Il finale con i tre personaggi che si perdono nel buio rivela l'incertezza della situazione teatrale che porta alla involontaria uccisione di Semiramide da parte del figlio. Il coro della Fenice diretto da Marino Moretti chiarisce con maestria l'enorme complessità della partitura. La direzione di Riccardo Frezza coordina con efficacia i vari aspetti dell'opera. Una bella produzione della Fenice che andrebbe tenuta in repertorio.

Mario Messinis
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Il Gazzettino