Primi passi di politica estera per la nuova Amministrazione Usa. Donald Trump ha già messo nel carnet una telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, un incontro a...
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Resta il fatto che Trump ha più volte preannunciato una decisione per Gerusalemme anche durante la campagna elettorale. Proteste e ammonimenti della comunità araba e palestinese non sembrano aver avuto alcuna influenza sul nuovo presidente. E un segnale forte Trump lo aveva già dato scegliendo come nuovo ambasciatore in Israele il banchiere David Friedman, le cui posizioni su Gerusalemme sono ben note. Friedman, che ha casa a Gerusalemme, aveva già annunciato che una volta cominciato il suo incarico, avrebbe usato la sua residenza per compiere la maggior parte del lavoro. Tuttavia nessuno negli Usa si aspetta che un simile trasloco diplomatico avvenga velocemente, se non altro perché Trump non ha ancora un segretario di Stato, poiché la nomina del candidato Rex Tillerson è ancora in discussione al Senato. Ma per il governo israeliano il radicale cambiamento di atteggiamento di Washington è già motivo di celebrazione. Difatti ieri il comune di Gerusalemme ha approvato la costruzione di 566 unità abitative nella zona est. I permessi di costruzione nei sobborghi oltre la Linea Verde erano stati congelati il mese scorso da parte di Netanyahu stesso, per evitare un aggravarsi della tensione con l'Amministrazione uscente. Lo sblocco di ieri ha causato la reazione arrabbiata dei palestinesi, che l'hanno definito «una decisione che sfida il Consiglio di sicurezza dell'Onu, soprattutto dopo la recente risoluzione 2334, che ha confermato l'illegalità degli insediamenti».
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Il Gazzettino