Trivellazioni, referendum in forse

Trivellazioni, referendum in forse
ROMA - Una data virtuale. Rischia di non essere il 17 aprile il giorno in cui gli italiani saranno chiamati al voto sul referendum anti-trivelle. E non già (o non solo) per il...

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ROMA - Una data virtuale. Rischia di non essere il 17 aprile il giorno in cui gli italiani saranno chiamati al voto sul referendum anti-trivelle. E non già (o non solo) per il pressing di Comitati, ambientalisti, M5S affinché Mattarella non firmi il provvedimento con la data scelta dal governo. Lo slittamento potrebbe rendersi necessario a seguito dell'ultima carta calata da sei Consigli Regionali che hanno presentato alla Corte Costituzionale due conflitti di attribuzione su altrettanti quesiti esclusi dalla Cassazione a gennaio. Ebbene, l'ammissibilità dei due conflitti sarà decisa dalla Consulta il 5 marzo. Nel merito il 9 aprile, nel caso di un via libera preliminare. E se mai la Corte Costituzionale dovesse dar ragione a Basilicata, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, allora il voto del 17 aprile sarebbe destinato a slittare. Per un semplice motivo: gli altri due referendum, uno sul piano delle aree e l'altro sul titolo unico di sfruttamento degli idrocarburi liquidi e gassosi, tornerebbero a ”vivere”. E con essi anche i 45 giorni di campagna referendaria che, per forza di cose, farebbero bypassare la domenica di aprile prescelta da Renzi. Stelio Mangiameli, l'avvocato che sin dall'inzio ha assistito le Regioni nella battaglia anti-trivelle, ha promosso un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato che vede da un lato il Comitato promotore e dall'altro Cassazione, Camera e Senato (che hanno votato le modifiche alle norme sulle estrazioni petrolifere contenute nella legge Stabilità), governo. Tutti avrebbero contribuito a «ledere» l'iniziativa referendaria: nel ricorso si lamenta «un eccesso di potere legislativo», visto che sono state approvate norme «volte non a evitare il referendum bensì ad eluderlo».
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Il Gazzettino