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Sono riusciti ad incassare soltanto la prima tranche delle loro spettanze. Per il saldo dovranno aspettare ancora a lungo. Il custode giudiziale Riccardo Bonivento, al timone della Tresoldi, l'azienda agricola finita nei guai con l'accusa di caporalato, sta facendo tutto il possibile per onorare gli impegni assunti con i dieci braccianti originari del Bangladesh, licenziati dopo le denunce. Ma servirà altro tempo per recuperare le risorse necessarie. I lavoratori, assistiti dall'avvocato Barbara Gasparini del sindacato autonomo Adl, sono riusciti ad ottenere un risarcimento pari a 50 mila euro complessivi in cambio della rinuncia ad ogni pretesa in sede civile. Finora però hanno ottenuto soltanto un acconto sulle loro spettanze in materia di contributi, tredicesima, ferie e trattamento di fine rapporto. Il dottor Bonivento ha assicurato che i soldi arriveranno ma occorre pazientare.
Sono stati due dei dieci lavoratori poi lasciati a casa a far scattare l'indagine della Procura sul grave caso di lavoro nero e sottopagato, in condizioni disumane. Per motivi di giustizia hanno entrambi ottenuto un permesso di soggiorno: le loro testimonianze saranno determinanti nella ricostruzione di quanto avveniva sui campi dell'azienda agricola Tresoldi che rifornisce frutta e verdura a tutti i principali marchi della grande distribuzione alimentare. Sono quattro gli indagati per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nell'operazione condotta dai carabinieri: l'imprenditore Walter Tresoldi, attualmente agli arresti domiciliari ma con il permesso di poter lavorare, la moglie Fanica Hodotogea, di origini romene, il kapò bengalese, tutt'ora latitante, e il marocchino Taoufik Bougattaya, anch'egli irreperibile, che secondo l'accusa forniva manodopera sottopagata a Tresoldi.
Luca Ingegneri
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Il Gazzettino