Trattare piccole comunità a rischio

Trattare piccole comunità a rischio
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TREVISO (mf) - «Puntiamo a far scomparire l'Epatite C in questo ambito territoriale». Pier Giorgio Scotton, primario di Malattie infettive al Ca' Foncello, punta in alto. E i nuovi farmaci, a quanto pare, glielo consentono. Il centro di Treviso è stato individuato dalla Regione come polo per la distribuzione dei nuovi medicinali ad altissimo costo, sviluppati contro l'infezione che colpisce il fegato.

Negli ultimi mesi sono già stati trattati 750 pazienti. Ed entro la fine dell'anno si supererà il migliaio. Alcuni, non è certo un caso, arrivano anche da altre Usl per sottoporsi alle cure. «Siamo partiti da chi presentava problemi di cirrosi fa il punto il direttore ma adesso il meccanismo è oliato: siamo in grado di rispondere a tutti quelli che hanno necessità, con una lista d'attesa che non supera i due mesi».
Fino ad ora non è stata registrata una sola lamentela e il motivo, a quanto pare, è molto semplice: i nuovi farmaci danno ottimi risultati. «Il trattamento garantisce un tasso di guarigione superiore al 95 per cento sottolinea il primario . Alla fine il funzionamento non è tanto diverso dai vaccini: se si supera una certa soglia percentuale, la malattia si debella. Diventa quasi un effetto di protezione di gregge».
È per questa ragione che il centro di Treviso adesso sta valutando anche la possibilità di andare a trattare alcune persone in comunità specifiche, quelle considerate più a rischio sul fronte dei contagi.
Ad esempio la comunità del carcere di Santa Bona. «Ne stiamo discutendo conclude il primario Giorgio Scotton . Aggredire i grandi numeri non è stato complicato. Andare a intercettare i singoli casi, invece, è più difficile. Ma proseguendo sulla strada che abbiamo imboccato possiamo davvero arrivare a far scomparire la malattia».
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Il Gazzettino