Traghetto in porto, svolta nell'inchiesta

Traghetto in porto, svolta nell'inchiesta
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Quanti tir e auto c'erano sul ponte 4? Come erano state disposte le vetture e a che distanza l'una dall'altra? Erano state ancorate? Perché il traghetto Norman Atlantic, nonostante l'allerta meteo annunciata, ha ugualmente lasciato il porto greco di Igoumenitsa? Chi ha dato l'ordine di calare la scialuppa quando le condizioni del mare erano proibitive? Sono tanti i punti oscuri delll'incidente all'imbarcazione della Visemar avvenuto il 29 dicembre al largo della costa greca, un disastro che ha provocato la morte di undici passeggeri, e non si conosce la sorte dei dispersi, che comunque sarebbero undici, e in ogni caso sicuramente meno di 15.

La tragedia potrebbe essere stata provocata da diverse imprudenze e negligenze, non solo da parte del comandante Argilio Giacomazzi e dell'armatore Carlo Visentini, i primi ad essere indagati. Il capo della Procura di Bari, Giuseppe Volpe, e il pm Ettore Cardinali ipotizzano ulteriori responsabilità e da ieri mattina altre quattro persone sono state formalmente accusate, in concorso tra loro, di naufragio colposo, omicidio colposo plurimo e lesioni. Si tratta di due componenti dell'equipaggio del Norman Atlantic, Luigi Iovine, 45enne napoletano, primo ufficiale di coperta (responsabile della sicurezza), Francesco Romano, 56enne siciliano, secondo ufficiale di macchina (responsabile della messa in mare delle scialuppe), del legale rappresentante, ancora da identificare, della società noleggiatrice della nave, la greca Anek Lines, e del supercargo, Fantakis Pavlos, dipendente della stessa ditta e responsabile delle operazioni d'imbarco di auto e tir a bordo del traghetto.
Il sospetto degli inquirenti è che le ragioni economiche abbiano avuto il sopravvento su quelle della sicurezza: decine di tir carichi di merce e prodotti freschi dovevano arrivare in Italia oppure centinaia di migliaia di euro di investimenti sarebbero andati persi.
Il comandante Giacomazzi, durante le cinque ore d'interrogatorio, si è difeso sostenendo che "in quel momento le condizioni non impedivano di partire" e che pensava "di arrivare prima del maltempo". Proprio la consapevolezza di dover salpare subito per evitare la burrasca potrebbe, ragionano gli investigatori, aver portato ad accelerare oltre modo le operazioni di imbarco, finendo per svolgerle non con la massima attenzione e regolarità. Giacomazzi ha replicato seccamente: «Ho caricato a bordo della motonave il 75 per cento dei mezzi consentiti dalla capienza massima».
Gli inquirenti baresi, però, non solo non ne sono convinti ma vogliono anche sapere chi ha dato l'ordine di calare in mare la prima scialuppa da 150 posti nonostante le condizioni del mare non lo consigliassero. Il comandante ha detto di non aver dato nessuna disposizione.
Ci sono forti perplessità anche sul piano di evacuazione. In particolare, c'è una circostanza che riguarda l'uso dello scivolo (Mes): un passeggero sarebbe morto dopo essere rimasto intrappolato. In sostanza, dopo essersi infilato si sarebbe fatto travolgere dal panico e non se la sarebbe sentita di lanciarsi, ostruendo il passaggio. Impaurito, avrebbe tagliato la cima del "gommone" che serviva, invece, per fare da spola tra il relitto e le navi di soccorso. Tutto questo sarebbe avvenuto senza la supervisione di un marinaio. Il numero degli indagati potrebbe aumentare ancora nel corso degli accertamenti, soprattutto dopo aver visionato la scatola nera recuperata ieri.

Lunedì mattina, intanto, sarà conferito l'incarico di eseguire le autopsie sulle 9 salme recuperate.
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Il Gazzettino