Tra molte prudenze e un po' in sordina, le prime missioni operative sono già iniziate. Oim, l'agenzia internazionale per le migrazioni e Unhcr hanno mandato i propri esperti sul...
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La realizzazione di campi gestiti da organizzazioni internazionali è un passaggio considerato fondamentale soprattutto dal governo italiano. Di questo hanno parlato nei giorni scorsi i ministri Angelino Alfano, Marco Minniti e Roberta Pinotti con l'inviato dell'Onu Ghassam Salamè e, su richiesta dell'Italia, Bruxelles ha approvato un primo finanziamento di 47 milioni di euro. L'idea è che i due campi, uno a nord e uno a sud, per un numero iniziale di 5mila persone in tutto, ospitino progetti di rimpatrio volontario assistito per i migranti fermati mentre attraversano il confine o per quelli riportati a riva dalle motovedette libiche. I progetti dovrebbero servire a riaccompagnare i migranti nei paesi di origine sostenendo il loro reinserimento economico.
La questione è stata affrontata e caldeggiata anche dalla cancelliera tedesca Angela Merkel in un vertice con Filippo Grandi di Unhcr e William Lacy Swing di Oim. Il progetto incontra, però, parecchie resistenze nelle sedi centrali dell'Onu. Gli analisti di New York ribadiscono che il paese non è né sicuro né stabile e temono che in una situazione di vera e propria emergenza umanitaria diventi difficile garantire la sicurezza e tutela dei diritti umani nelle strutture internazionali. Al momento le stime parlano di un numero di migranti presenti in Libia che va dai 400mila agli 800mila, con trenta centri di detenzione che ospitano circa 8mila persone. «Noi abbiamo potuto visitare solo una ventina di questi centri - ha spiegato giorni fa Federico Soda, direttore dell'ufficio di coordinamento per il Mediterraneo di Oim - constatando che le condizioni sono pessime».
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Il Gazzettino